domenica 8 aprile 2012
Domenica di Pasqua
Domenica di Pasqua, sul banco dietro a te
fissavo intensamente quel biondo dei capelli,
la nuca come un fiore sbocciato sul colletto,
sperando che sentissi quel fluido incandescente
che fa vibrare i suoni di due distinti cuori.
Ecco il segno di pace: la mano sulla mia
e quello sguardo intenso come un faro di luce,
la tua veste di festa e il vago controluce
dei tuoi fianchi in discesa dall’alto della chiesa.
E poi furtivi incontri nel buio del cortile,
le parole spezzate dalle nostre emozioni
e i baci che ti ho dato a ogni curva del bosco
e quelli che mi hai reso a ogni ansa del fiume,
fino al verde cancello della tua fattoria.
Ogni sera un intreccio di mani e di respiri
fino all’ultimo addio di quel giorno lontano,
e le case fuggenti dal vagone del treno,
e una nave solcante sull’onda dei ricordi.
Son tornato al paese con le rughe degli anni
portando mesti fiori all’urna di mia madre.
Ho intravisto tua figlia davanti alla tua tomba,
stesso sguardo lucente stesso corpo leggiadro
stessa veste leggera stessi biondi capelli;
l’ho seguita stregato lungo il nostro sentiero
tra le foglie del gelso, tra le pietre del tufo,
fino all’umida soglia di quel verde cancello;
ho sognato un istante di vedere rivolto
il tuo viso ridente e i tuoi occhi di cielo
ad attendere il bacio e l’abbraccio d’allora,
ma l’istante è passato ed il sogno è finito.
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