martedì 29 marzo 2011


Ieri sera tardi ho visto in TV il film "Open water", che mi ha agitato abbastanza da guastarmi il sonno. E' la storia vera di due subacquei, due fidanzati che restano sperduti in mare, irresponsabilmente dimenticati dalla loro barca appoggio. E' una continua ripresa ossessivamente fissa sul loro lungo galleggiare in mezzo all'oceano, e la cronaca del loro progressivo scoramento e sfinimento durante le ore in cui attendono invano i soccorsi. Ci sono riprese inquietanti dell'aggirarsi degli squali e poi raccapriccianti del loro attacco.
Il film mi ha coinvolto parecchio perché mi ha fatto rivivere le due volte che anch'io ( per mia imprudenza e non errore degli altri) mi sono perso in mare, una volta alle isole Dahlak e un'altra alle Andamane. E poi sono rimasto scioccato dall'epilogo, perché tutto lasciava pensare che alla fine i due sventurati venissero salvati, e invece finiscono divorati dagli squali. Io per fortuna in quelle brutte avventure non ho fatto la stessa fine, ma vedere il film mi ha lasciato addosso una specie di paura retroattiva....

lunedì 21 marzo 2011

I due fuchi e le api



C’era una volta un alveare sulla riva di un grande stagno, ma a governarlo non c’era una regina, c’era un reuccio, un fuco molto vanitoso ed intraprendente che s’era accaparrato grandi scorte di miele, propoli e soprattutto pappa reale, che usava per allettare e mantenere fedeli gli altri fuchi e che dispensava con profusione per attrarre alla sua corte le tante piccole e graziose api che gli ronzavano attorno.
Dall’altra parte dello stagno c’era un altro grande alveare, dominato da molti anni da un altro fuco ancora più ricco e potente, perché poteva contare su tanti grandi fiori di cui era pieno il suo giardino, così pieni di nettare che bastava suggere dalle corolle senza alcuno sforzo e senza bisogno di andarselo a cercare in altri campi o farselo vendere da altri alveari.
Questo fuco teneva per sé la maggior parte del miele e ne distribuiva assai poco agli altri fuchi e alle api operaie, e a lungo andare aveva creato un gran malcontento nel suo seguito. Anche in altri alveari della stessa sponda c’erano state ultimamente sommosse tra tutte le sottomesse api per le stesse ragioni.
Il nostro fuco reuccio, che era molto furbo e si teneva buoni tutti i potenti degli alveari vicini, aveva adocchiato da tempo le scorte di miele del dirimpettaio, e per ingraziarselo aveva scambiato dei doni e mantenuto buone relazioni con lui, e l’aveva perfino invitato nel suo alveare, offrendogli un gran ricevimento con tanti inchini, e anche la compagnia di tante giovani api con cui allietarsi.
Ma un giorno scoppiò la rivolta lungo tutta la riva opposta dello stagno e anche nel grande alveare del vicino le api si ribellarono contro il tiranno. Lui però aveva ancora molti fuchi fedeli ed era ben saldo nel suo alveare fortificato, così si vendicò scatenando una controrivolta e uccidendo parecchi suoi sudditi.
Molti di essi fuggirono, traversarono lo stagno e si rifugiarono nell’alveare del fuco reuccio, che però non aveva spazio e cercava di mandarli negli alveari vicini, anche perché la maggior parte dei suoi fedeli di corte non voleva estranei che venissero a mangiare il proprio miele.
Anche agli alveari vicini faceva gola il nettare della terra del fuco tiranno, e approfittarono subito della rivolta per spedirgli contro una nube di api guerriere, in modo da eliminarlo e stabilire per primi col suo sciame degli accordi per dividere i grandi depositi di miele.
Il fuco reuccio, che non voleva guastare i rapporti e gli accordi che aveva col tiranno, inizialmente si era tenuto in disparte per vedere chi avrebbe prevalso nella battaglia, poi, quando i rivoltosi sembravano ormai vincitori, si era schierato con la decisione d’attacco degli altri alveari, ma senza impegnarsi troppo direttamente, concedendo solo il suo alveare come base di sosta e rifornimento per le api guerriere che arrivavano da lontano. Così defilato sperava di non compromettere definitivamente i rapporti di amicizia col tiranno, in caso quest’ultimo alla fine fosse riuscito a riprendere il potere. Insomma cercava di tenere come al solito le zampette dappertutto..
A questo punto della favola non si sa come andò a finire, se i due reucci tornarono felici e contenti a festeggiarsi nei loro alveari o se occorrerà consultare l’oracolo per raccontare la fine della storia.

venerdì 11 marzo 2011

Ivano, stavolta non è una favola…


Ciao Ivano, la notizia che non sei tornato dal tuo ultimo viaggio mi ha scosso come il terremoto che oggi ha sconvolto il Giappone.
Ti avevo incontrato nel mondo virtuale di internet dove le amicizie ed i legami non sono però affatto virtuali. Come succedeva un tempo con le corrispondenze tra pen-friends, spesso le persone che si incontrano e con le quali si scambiano commenti e anche sentimenti su Facebook diventano così familiari che le sentiamo più vicine e confidenti di amici reali che frequentiamo fisicamente nella nostra realtà quotidiana.
Tu facevi parte di un gruppo di amici che si era spontaneamente formato per affinità di gusti, orientamenti, conoscenze, sensibilità , spirito e singolarità caratteriali, con i quali era piacevole incontrarsi, chiacchierare e scherzare quasi quotidianamente, ed eravamo così affezionati a questi appuntamenti da entrare quasi in crisi d’astinenza se per qualche motivo, una malattia, un viaggio o un semplice guasto del computer ci impediva di salutarci, anche fosse per un semplice buongiorno.
Per la familiarità che appunto consente di raggiungere questo moderno network, ci siamo anche scritti privatamente, ci siamo fatti delle confidenze ed abbiamo approfondito la nostra reciproca conoscenza. Mancava solo un incontro reale per conoscerci di persona, e l’avevamo anche programmato, visto che non eravamo neppure geograficamente lontani.
In queste lettere tu mi hai spesso rimproverato, come altri amici del resto, di aver appuntito con uno spillo le freccette di carta della mia cerbottana ( difetto che comunque mi avete sempre perdonato), oppure di essermi allontanato per giorni senza apparenti ragioni, come ora ad esempio, dalla ribalta di Facebook, ed io ho cercato di spiegartene le ragioni, come tu hai chiarito altri punti sui quali c’era stato fra noi un malinteso. In una delle mie favolette su questo blog ti avevo garbatamente preso in giro per le tue minuziose ed sapienti descrizioni di luoghi, fatti e avvenimenti, e mi sembrava che tu ti fossi un po’ risentito, invece mi avevi risposto che anzi la cosa ti aveva divertito. Tra l’altro in questa favola si diceva di te “ partì, e d’allora se ne persero le tracce”, e la cosa ora suona sinistramente profetica…
Mi avevi anche spesso invitato ad unirmi a qualcuno dei tuoi giramondi, e la cosa, se non fosse per qualche sopraggiunto acciacco senile, mi aveva tentato parecchio, visto che il fascino dei viaggi avventurosi ci accomunava ed anch’io ho un passato ricco di analoghe spedizioni in terre sperdute e spiagge esotiche. Magari in un viaggetto meno agli antipodi prima o poi ti avrei seguito, ma il destino ha voluto diversamente. Viviamo ognuno lungo strade tortuose senza sapere mai cosa c’è dietro l’angolo, e per chi suona ogni giorno la campana..
Così ora questo filo, direi meglio questo feeling, che ci univa s’é improvvisamente spezzato, perché la sorte ti ha fermato in un mare lontano, dove anch’io, guarda caso, nel lontano 1975 avevo rischiato di non tornare più a terra. So quanto sia attraente tuffarsi in quelle acque e lasciarsi affascinare dallo spettacolo del mondo sommerso, seguendo la corrente senza più curarsi della propria sicurezza.
Forse tu sei stato vittima di una di queste disattenzioni, o mi piace pensare che tu abbia preferito, come i grandi esploratori del passato, finire i tuoi giorni, conformemente alla tua indole, seguendo le esaltanti tappe di un tuo diario di bordo piuttosto che il malinconico tramonto in un letto lombardo.
Ricordo i tuoi frequenti inviti al gruppo degli stretti amici facebucchiani di organizzare un prossimo incontro mangereccio in un ristorantino dell’entroterra ligure dalle parti del “Capitano”, con vista e sapore di mare, e quello che ora più mi rammarica è di non poter veder realizzato questo progetto in questo mondo reale. Ma non è detto che non si possa farlo nell’altro mondo, quello che forse, chissà, è molto meno virtuale di quello dove ci incontravamo quaggiù.
Io ho tutti i requisiti anagrafici per arrivare per primo a questo nuovo appuntamento extraterrestre, e conto di incontrarti e sedermi con te a quella famosa tavolata, dove potremmo ingannare la lunga attesa degli altri commensali raccontandoci i dettagli dei nostri viaggi e ascoltando la musica di tutti i concerti che tu hai seguito, magari collegandoci ancora, come un tempo, in diretta su YouTube…
Per questo non ti dico addio, caro amico, ma solo un arrivederci a presto, dal tuo amico internettiano,
Paolo

mercoledì 2 marzo 2011

Un fiore e una palla


A scanso di equivoci, premetto che il componimento seguente è frutto di pura fantasia, e come suol dirsi "qualsiasi riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale"..


Vedo il mio cane con le orecchie tese
mentre aspetta lo scatto del cancello
e l’entrata dell’auto nel giardino.
Sono giorni che aspetta sulla porta
con quegli occhi ogni volta un po’ più tristi
e la piccola palla che ti offriva
festante come entravi nel cortile.
Ma per quell’auto ormai non c’è ritorno:
quella sera di gelo s’è fermata
sul viale dei platani imbiancati
perché volasse in alto il tuo respiro
lasciando un corpo inerte sull’asfalto.
Ho portato dei fiori su quel tronco
dove la corsa tragica è finita:
li ho colti nel giardino che curavi
e insieme al nostro cane ogni mattina
vengo a portarne ancora con amore.
Lui innaffia tutti i platani al passaggio,
ma poi quand’è davanti a quella pianta
si ferma ben distante e par capire
qualcosa dal mio sguardo, poi si siede
e aspetta che io porga il mio regalo.
Insieme siamo andati l’altro giorno
nel mesto camposanto del paese
dove riposi nel tuo eterno sonno.
Ho detto al cane: prendi la tua palla
e andiamo a regalarla a chi ci è cara.
Lui mesto m’ha seguito e poi ha capito
il gesto e le parole che gli ho detto
davanti alla tua foto ed ai tuoi fiori.
Sembrava molto triste e poi ha lasciato
cadere la sua palla su quel marmo,
col muso a terra e senza più allegria.