mercoledì 12 ottobre 2011
L' incontro
Il vento soffiava forte, quella mattina, mentre col bavero alzato aspettavo l’autobus. Poi una folata venne a stamparmi sui pantaloni un pezzo di carta stracciato, che vibrava coi suoi lembi stracciati come per chiedermi di salvarlo dal turbine che lo trascinava, come per trasmettermi un messaggio. Non so perché, ma mi chinai a raccoglierlo.
Perché l’ho fatto? Forse mi ha messo pena vedere com’era ridotto, oppure un gesto meccanico, di quelli che fanno la delizia degli psicologi. Un frammento di manifesto?, difficile capire di cosa parlasse … INCONTRO ( ore 17,30 ), niente altro. Inchiostro azzurro carico.
Chissà perché non l’ho gettato, perché invece l’ho messo in tasca, come si fa a volte con un vecchio appunto ritrovato tra le pagine di un libro, con su un nome e un numero di telefono dimenticati, ma che istintivamente conserviamo, come se fosse un messaggio trovato in una bottiglia portata dal mare... Era proprio la sensazione provata in quel momento, come se quella parola, incontro, fosse un appuntamento che non potevo ignorare.
Il giorno dopo, tirando fuori il biglietto dell’autobus, mi ricapitò in mano. Allora entrai al bar dell’angolo, ordinai un caffè e mentre aspettavo la mia tazzina, tirai fuori il pezzo di carta e lo mostrai al barista: “ Le dice niente questo ritaglio?”
Bingo ! Centrato al primo colpo, perché la risposta fu questa:
“Ah! si, dev’essere un pezzo del manifesto che avevo anch’io in vetrina fino a una settimana fa. Era l’avviso dell’INCONTRO di pallavolo della Green Volley con la Libertas di Vimercate. Me lo ricordo bene perché ci ha giocato anche mia figlia”
Poi, rivolto alla bella ragazza che stava lavando dei bicchieri in fondo al bancone, proseguì:
“ Beatrice, vero che questo è un pezzo del manifesto del tuo incontro di Sabato scorso?”
Lei si avvicinò, diede uno sguardo al foglietto e subito esclamò sorridendo:
“Certo, ne ho uno appeso in camera, con la foto di tutta la squadra e ci sono anch’io, anche se c’ho una faccia da ricercata …” e mi fece una smorfia raccogliendo con una mano i capelli biondi sul capo, come per imitare la foto. Poi, con quell’aria sbarazzina e dandomi del tu :
“Ma perché lo vuoi sapere? Sei venuto a fare un’intervista alla playmaker della squadra?” e giù un’altra risata.
Io la fissavo come incantato, allora mi spruzzò con le dita bagnate un po’ di gocce in faccia e tornò saltellando ai suoi bicchieri senza aspettare la risposta.
Il padre mi servì il caffè e disse come scusandosi: “Non ci faccia caso… Ride e scherza, ma è una brava figlia e lavora sodo, e poi meglio così che quelle sempre immusonite..”. Cercavo una scusa per parlarle ancora, per cui mi avvicinai dalla sua parte e le chiesi:
“ E come è andato l’incontro?” E lei : “L’abbiamo stracciate di brutto, ovvio, siamo le più forti del torneo, quelle della Libertas se ne sono tornate a casa a corna basse !”
Intanto era uscita da dietro il bancone per servire una birra ad un tavolo: era molto alta e ben fasciata dentro i suoi jeans stracciati alle ginocchia. Indossava un maglioncino girocollo che le fasciava le spalle ampie e metteva in risalto il profilo del seno. Era corto quel tanto da lasciar scoperta la vita sottile, e sulla pelle si intravedeva l’inizio di un tatuaggio, una specie di drago fiammeggiante.
Mi tornò in mente il motivo per il quale ero entrato, quella specie di presentimento per il quale avevo seguito quella traccia, così andai a sedermi, ordinai un toast al formaggio e cominciai a sfogliare il quotidiano che era sul tavolino.
Quando Beatrice arrivò a servirmi il toast, le chiesi : “E quando ce l’hai il prossimo incontro?”
E lei: “Sabato prossimo, perché?” “ Beh, mi piacerebbe venire a vederlo, o meglio venire a vederti…”
Mi guardò con aria sospettosa e un po’ seccata, poi mi piazzò con ostentazione il piattino davanti esclamando: “ Senti un po’, sei venuto a mangiare un toast o a rimorchiare? Come mai questa gran voglia di venire a vedere una squadretta di quarta categoria ?”
Addentai il mio toast, poi la guardai fisso negli occhi e dissi con aria carezzevole: “ Beh, chi ti dice che non sia un magnate che vuole sponsorizzarvi per pubblicizzare il suo marchio?”
Mi arrivò subito una risposta gelida:
“Senti, è più facile che tu sia un magnaccia che un magnate, senza offesa. Di clienti che vengono qui a fare il cascamorto ne ho già abbastanza. Vedi di finire il tuo toast e vai a farti un giro..”
Un po’ risentito, mandai giù il boccone, poi mi alzai avviandomi verso l’uscita, e passandole accanto le dissi: “ Non sono né un magnate né un magnaccia, ma comunque sabato ci sarò, perché ho sognato di incontrare una ragazza, e quando ho sentito il tuo nome, Beatrice, ho capito che sei tu, perché il tuo onomastico è il 18 Gennaio, la data del mio compleanno, e il tuo nome significa “Colei che rende felici”, ed io la felicità la sto cercando da un pezzo!”
(pieffe)
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