lunedì 13 dicembre 2010
La clessidra e la sabbia
C’era un pugno di sabbia che viveva felice in riva al mare, pettinato dal vento, accarezzato dalle onde che lambivano la battigia, baciato dai raggi del sole e solleticato dai ricami dei granchi.
Poi un giorno fu raccolto con una paletta e messo nel fondo di una scatola. Si sentì sballottato e poi abbandonato nel silenzio e nel buio per giorni e giorni.
Dopo un tempo interminabile, finalmente un giorno rivide la luce e gli sembrò di rinascere, era di nuovo libero e anche se non sentiva più il rumore familiare delle onde marine, poteva scorrere allegramente tra le dita di chi l’aveva raccolto, nuotare nell’acqua limpida di un bella vaschetta e asciugarsi beatamente al sole.
Ma poi si sentì versato e rinchiuso in una strana bottiglia da dove non poteva più uscire: riusciva solo a vedere attraverso il vetro le ombre distorte di un mondo estraneo e non sentiva più né il soffio del vento né la voce del mare.
Vide che c’era una piccola via di fuga sul fondo della bottiglia e con fatica riuscì ad infilarcisi, granello dopo granello, ma alla fine si accorse di essere caduto in un’altra bottiglia tale e quale la prima. Stava ispezionando il fondo per cercare anche qui una via d’uscita, quando qualcuno afferrò la bottiglia e la rovesciò. Così brutalmente rimescolato da cima a fondo, faticò un po’a raccapezzarsi, poi si accorse di essere nuovamente nella bottiglia col buco in fondo, e pazientemente ricominciò pian piano a scappare attraverso quel pertugio.
Ma ben presto si rese conto che tutti i suoi sforzi erano vani, ogni volta veniva rovesciato e doveva ricominciare daccapo, e la storia si ripeté ossessivamente per giorni e giorni. Quando, ormai esausto e rassegnato, si lasciò andare senza più forza , si accorse di scivolare dall’una all’altra bottiglia anche contro la sua volontà, come una sostanza inerte e inanimata.
Poi un giorno all’improvviso sentì vibrare fortemente il vetro e un gran rimbombo intorno, e vide le pareti di quel mondo ondeggiare e cadere.
La bottiglia sussultò e poi cadde in terra frantumandosi in tanti pezzi. Il pugno di sabbia si sparse tutto intorno, mescolandosi e perdendosi tra la polvere e i pezzi di quel mondo crollato. Non ebbe neppure il tempo di raccapezzarsi, perché arrivò una grande ondata di fango e di detriti a spazzare via tutto, trascinandolo sparpagliato in mille granelli fino al mare.
Benché così strapazzato e sbattuto dalle onde, sentì le sue forze rinascere al sapore della salsedine e alla carezza del vento; raccolse ad uno ad uno tutti i suoi granelli e sospinto da un grosso cavallone fu gettato di nuovo sulla spiaggia, dove si distese lasciandosi inumidire dolcemente dalla spuma della risacca.
Arrivò una coppia di giovani a sedersi lì accanto, e sul palmo disteso del pugno di sabbia disegnò un cuore con una conchiglia. Le onde del mare si ritirarono pian piano per non cancellarlo, e il disegno restò inciso fino al tramonto. Nella notte la luna trascinò di nuovo le onde sul bagnasciuga e il cuore si sciolse, ma il giorno dopo arrivarono due bambini, costruirono un castello e in cima modellarono una torre col pugno di sabbia bagnato, che fu felice di respirare di nuovo da lassù il profumo del mare e sentire la carezza del vento.
Morale della favola: un pugno di persone, strappato dalla sua terra, rinchiuso e strapazzato da un bieco carceriere, deve sperare nell'arrivo del terremoto che travolga tutto e riporti la libertà, la pace, la serenità dei cuori e l'amore tra la gente.
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2 commenti:
Bellissimo quel "pettinato dal vento, accarrezzato dalle onde, baciato dai raggi del sole e solleticato dai ricami dei granchi".
E bella anche la metafora.
Ivano
Grazie Ivano, la sabbia ama la libertà, e se la stringi ti sfugge dalle dita....
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