venerdì 23 aprile 2010

Dirimpettai


Nella villetta di fronte alla mia, nello stesso cortile, è arrivata da un pò di tempo una famiglia mussulmana, non so esattamente di quale paese, ma che osserva strettamente i dettami del Corano e le tradizioni religiose del suo paese per quanto riguarda l'abbigliamento, almeno quello femminile.
Infatti il marito, che non saluta e gira alla larga, veste però disinvoltamente abiti occidentali, ma impone all'harem delle sue donne (non so quante perché non si distinguono una dall'altra) il chador lungo fino ai piedi, e solo una ne vedo uscire soltanto con lo hijab, il velo in testa, perché nel posto dove va a lavorare evidentemente non accettano altro.
La madre è la più coperta di tutte, non è un burka ma poco ci manca, anche quando esce sul balcone per stendere il bucato si vedono solo gli occhi e le mani, ed è di una ritrosia estrema, se vede affacciarsi qualcuno di fronte scappa subito dentro come una lepre nella tana. Un giorno il postino ha recapitato per sbaglio a noi una lettera per loro. Mia moglie, quindi non un uomo, ha tentato di consegnargliela, ma quella si è barricata in casa e non c'è stato verso di scambiare una parola, e la lettera gliel'ha dovuta lasciare sulla soglia.
Siamo vicini di casa, e come tali non posso certo dire che disturbino, ma tra l'essere rumorosi e vivere in silente clausura ci potrebbe essere una via di mezzo magari un pò meno fondamentalista.
Non so quanto queste donne siano contente ed orgogliose delle loro tradizioni, ma specie vivendo in un paese con ben altro livello di emancipazione femminile dovrebbero accorgersi che la loro condizione le umilia piuttosto che onorarle come vorrebbero far creder loro gli uomini.

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