Ascolto l'aereo che sta vincendo il suo braccio di ferro con la gravità: nello sforzo digrigna i giunti, fuma dalle nari e trema come Mercalli sui pioli più alti della sua scala. Sembra d'essere in cinquanta Achei nel ventre d'un cavallo imbizzarrito.
Poi d'un tratto qualche meteora pietosa si fa calamita e il ferro s'invola.
Così mi scrollo di dosso la terra con tutti i suoi pensieri e i suoi problemi, novello Icaro veleggiante verso il sole.
Il mio nome è Atlante: ho scaricato il mondo dalle spalle e rubato le alucce a Mercurio. Per due quarti di luna avrò lucciole negli occhi, accordi nelle orecchie, lava e lapilli nel cuore.
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