-Non mi pare che Gheddafi, con tutto il suo circo al seguito, sia più istrionesco di chi lo ospita.
Non si è portato dietro veline in minigonna ma soldatesse in tuta mimetica, non gli ha regalato gioielli ma libri, non viaggia con uno stornellatore al seguito, non racconta barzellette anche se fa ridere lo stesso, non sperpera in ville ma si porta dietro la tenda, non fa finta di amare i suoi sudditi ma il dittatore lo fa apertamente…
-Due ginecologi litigano in sala parto, danni cerebrali al neonato; due ostetriche litigano e il neonato muore: capisco il rigetto di chi si rifiuta di venire alla luce in un mondo così ……
- Minicar si ribalta in centro : il succhiotto della bambola alla guida aveva un tasso alcoolico altissimo...
- L’Iran ha dato della prostituta a Carla Bruni: Sarkosi ha chiesto a Bossi un epiteto adatto da mandare ad Ahmadinejad…
- Stuprata da 5 donne per punizione; In Congo 384 donne violentate in 4 giorni: nonostante l’emancipazione, le donne devono ancora fare molta strada per eguagliare i maschi…
- Cani, sempre meno divieti di accesso nei locali pubblici: alcuni esercizi hanno già esposto cartelli col divieto d’ingresso agli umani…
- Lo chef si esibisce in spiaggia: se le ricette non piacciono, i bagnanti insabbiano i manicaretti e coi piatti giocano al frisbee….
- Le botteghe del cuore, mandateci le vostre foto: ho mandato la mia foto ma me l’hanno bocciata, perché avevo la patta aperta..
martedì 31 agosto 2010
lunedì 30 agosto 2010
Uno sguardo al giornale
- Gheddafi è arrivato con le amazzoni. Pensavo fossero quelle con l’arco e un seno solo, invece sono in tuta mimetica, occhialoni neri e sguardo truce. Il seno non si distingue, ma non dev’essere un granché, visto che ha prenotato 500 ragazze nostrane per rifarsi gli occhi….
- Iniziano le trivellazioni per liberare i minatori cileni intrappolati. Speriamo che l’operazione non sia affidata alla BP, sennò quei poveretti finiranno affogati nel petrolio…
- In Serbia si è svolto il World Testicle Cooking Championship, cioè la gara di quelli che cucinano e mangiano testicoli di toro e altri poveri animali. Insomma una gara di coglioni……
-Venduto il water di John Lennon per 11500 euro: in omaggio c’erano anche le cagate di Yoko Ono.
- Iniziano le trivellazioni per liberare i minatori cileni intrappolati. Speriamo che l’operazione non sia affidata alla BP, sennò quei poveretti finiranno affogati nel petrolio…
- In Serbia si è svolto il World Testicle Cooking Championship, cioè la gara di quelli che cucinano e mangiano testicoli di toro e altri poveri animali. Insomma una gara di coglioni……
-Venduto il water di John Lennon per 11500 euro: in omaggio c’erano anche le cagate di Yoko Ono.
sabato 28 agosto 2010
Matilde
Continuando il processo di regressione mentale che alcuni mi imputano come condizione addirittura patologica ( siamo a questo punto ? non credo di dover andare in psicoterapia, comunque mi rimetto al giudizio degli amici lettori….) oggi regredisco ancora un po’, sempre reinventando in versi una pagina del mio libro, all’epoca in cui non si può neppure parlare di amorini, ma, come questo descritto, di un semplice fuoco fatuo infantile, una lucciola intravista e rincorsa da lontano, ma mai raggiunta.
Primo sole avevi attratto
il mio giovane pianeta
con gli anelli sempre larghi
dell’eterna timidezza.
Ho girato per dei mesi
senza avere mai il coraggio
di fermarti quando andavi
dalla scuola a Via del Giglio.
I capelli a volte sciolti
sulle spalle oppure in trecce
che sognavo di tirare
come briglie per riuscire
a toccarti da vicino,
le tue occhiate e le tue soste
aspettando un mio contatto,
giravolte e bei sorrisi
come petali di fiori
per un’ape sempre incerta.
Poi davanti al tuo portone
aspettavi che io entrassi
per seguirti sulle scale,
ma ogni volta il mio coraggio
scompariva sulla soglia,
e restavo alla stazione
con in mano il mio biglietto
quando il treno è ormai partito.
Dopo mesi di rimbalzi
finalmente sono entrato
ed ho messo un cauto piede
sul primissimo gradino.
Tu abitavi al quinto piano
e ogni giorno io salivo
di gradini forse un paio.
Alla fine della scuola
ero ormai quasi arrivato,
ma mancava solo un giorno
e restò l’ultima rampa
a bloccare la mia ascesa.
Quando infine mi decisi
era chiuso il tuo portone:
persa l’ultima occasione,
eri andata già in vacanza.
In settembre ero convinto
di trovare la rincorsa
per tentar l’ultimo salto,
ma non sei più ritornata,
l’ho saputo dopo un anno:
eri all’estero emigrata.
Come effimera cometa
dalla luce troppo intensa,
abbagliante m’hai accecato:
un amore mai sbocciato
per timore di uno sguardo,
per paura di cadere
sulla linea del traguardo.
venerdì 27 agosto 2010
I mesi dell'amore
Oggi basta versi troppo seriosi o reminiscenze del secolo scorso. Faccio un intervallo con rime cretine, così faccio contento chi dice che scrivo solo cazzate...
Il giardino è tutto in fiore
ed è l’ora dell’amore:
c’è chi lo fa in Gennaio
ne fa una o ne fa un paio,
c’è chi lo fa in Febbraio,
o con Tizio o con Caio,
c’è chi lo fa in Marzo,
con dovizia e molto sfarzo,
c’è chi lo fa in Aprile,
e lo fa con molto stile,
c’è chi lo fa in Maggio,
per portarsi un po’in vantaggio,
c’è chi lo fa in Giugno,
e lo tiene bene in pugno,
c’è chi lo fa in Luglio,
e succede un gran subbuglio
c’è chi lo fa in Agosto,
e lo mette anche in quel posto,
c’è chi lo fa in Settembre,
lo fa bene e lo fa sempre,
c’è chi lo fa in Ottobre,
e la moglie poi lo scopre,
c’è chi lo fa in Novembre,
nelle luci e nelle ombre
c’è chi lo fa in Dicembre,
perché vuol saltar Novembre.
Il giardino è tutto in fiore
ed è l’ora dell’amore:
c’è chi lo fa in Gennaio
ne fa una o ne fa un paio,
c’è chi lo fa in Febbraio,
o con Tizio o con Caio,
c’è chi lo fa in Marzo,
con dovizia e molto sfarzo,
c’è chi lo fa in Aprile,
e lo fa con molto stile,
c’è chi lo fa in Maggio,
per portarsi un po’in vantaggio,
c’è chi lo fa in Giugno,
e lo tiene bene in pugno,
c’è chi lo fa in Luglio,
e succede un gran subbuglio
c’è chi lo fa in Agosto,
e lo mette anche in quel posto,
c’è chi lo fa in Settembre,
lo fa bene e lo fa sempre,
c’è chi lo fa in Ottobre,
e la moglie poi lo scopre,
c’è chi lo fa in Novembre,
nelle luci e nelle ombre
c’è chi lo fa in Dicembre,
perché vuol saltar Novembre.
giovedì 26 agosto 2010
Mio padre
Il mio libro non mi ispirato solo ricordi di invaghimenti e romanzetti con le coetanee fanciulle dell'epoca. Quello che segue è un ricordo molto più triste, che credo abbia lasciato un segno indelebile nella mia vita.
Ho solo dei frammenti
nel libro dei ricordi
lasciati da mio padre
per farmi ricomporre
preciso un suo ritratto.
Ho solo qualche oggetto,
un libro, un orologio,
due o tre fotografie,
io piccolo che tengo
per mano mamma e lui,
il gruppo con gli amici,
le nozze e niente più.
Ricordo il ‘vola vola’
facendo capriole
e stando cavalcioni
in cima alle sue spalle,
ricordo passeggiate
al fiume e sui bastioni
seduto sulla canna
della sua bicicletta,
ricordo i palloncini,
le bolle di sapone,
i dolci ed i fischietti
comprati nelle fiere,
e le vacanze al mare,
il giro sul pattino,
le piste ed i castelli
che lui mi costruiva.
Ricordo soprattutto
quel giorno sul suo treno:
“Attento, mi diceva,
tu non toccare niente”,
ed io che lo guardavo
guidare quel siluro,
le spie e le lancette
di tutti gli strumenti,
e gli alberi e le case
sfrecciare tutti intorno.
Ricordo poi alla fine
com’ero emozionato:
mi disse di tirare
la leva sul soffitto,
e il treno che fischiava
seguendo il mio comando.
Ricordo poi quel giorno
il nonno che gridava
la mamma che piangeva,
e tanta gente in chiesa,
la bara ancora aperta,
mio padre e gli occhi chiusi
cerchiati di viola,
le fasce intorno al capo,
la mamma che mi disse:
saluta il tuo papà.
Son questi i miei ricordi
che serbo di mio padre,
partito troppo presto
su quell’alato treno
senza mostrarmi bene
gli scambi e le rotaie
da prender nella vita.
martedì 24 agosto 2010
Marisa
Abitavo al settimo piano
di una casa in periferia,
tante scale e senza ascensore,
ma la vista era bella ed avevo
la terrazza più grande e fiorita.
Lei abitava al piano rialzato
ed aveva quel nome fatato
che era come un richiamo per me.
E davanti c’era un bel prato
che giravo di corsa ogni giorno,
ogni volta aumentavo di un giro
e speravo che lei mi vedesse.
La vedevo affacciata al balcone
come fosse Giulietta, ma aveva
niente trecce e una corta frangetta.
Un quartiere con tante ragazze
ma lei certo era quella più bella,
non provavo neppure a parlarle
era come un miraggio per me.
Pattinavo su e giù per la strada
sempre in testa alla lunga catena
di ragazzi attaccati alle spalle,
quando lei si affacciava facevo
giravolte e svolazzi da clown.
Quando usciva con qualche sua amica
la seguivo da molto lontano,
poi correvo girandole incontro
come stessi passando per caso,
lei ignorava il saluto che invece
la sua amica sembrava gradire.
Poi un giorno la vidi sul tram,
era in piedi e la folla premeva,
lei teneva una mano aggrappata
alla tonda maniglia più in alto.
La raggiunsi di spalle e lei volse
solo un attimo gli occhi e poi
tornò a leggere il libro davanti.
Con cautela posai la mia mano
sulla stessa maniglia e poi piano
carezzai con le mie le sue dita.
Lei non tolse la mano ma anzi
lasciò pure che un po’ la stringessi,
poi appoggiandosi appena girò
lentamente lo sguardo e sorrise,
e alla prima frenata del tram
la sorressi e fu quasi un abbraccio.
Quel contatto mi diede emozione
come quando si prende la scossa,
e sperai che il viaggio durasse
anche dopo la nostra fermata.
Quando scese mi lanciò solo un ciao
e poi corse attraverso la piazza
verso casa senza mai rigirarsi.
Quella sera sentivo suonare
“Only you” dal suo giradischi,
e discesi pian piano le scale
fischiettando lo stesso motivo.
Come fosse un tacito accordo
lentamente lei aprì la sua porta
e salì per due rampe di scale,
e stavolta non solo di mani
fu un incontro, ma anche di labbra
e di cuori battenti nel buio.
Con lei dopo ci furono incontri
quando venne sul prato di fronte
in quei giorni un bel luna Park,
ma il ricordo più vivo è senz’altro
quell’incontro a metà delle scale
ripetuto ogni sera finché
non si spense quel piccolo fuoco
che era nato quel giorno sul tram.
di una casa in periferia,
tante scale e senza ascensore,
ma la vista era bella ed avevo
la terrazza più grande e fiorita.
Lei abitava al piano rialzato
ed aveva quel nome fatato
che era come un richiamo per me.
E davanti c’era un bel prato
che giravo di corsa ogni giorno,
ogni volta aumentavo di un giro
e speravo che lei mi vedesse.
La vedevo affacciata al balcone
come fosse Giulietta, ma aveva
niente trecce e una corta frangetta.
Un quartiere con tante ragazze
ma lei certo era quella più bella,
non provavo neppure a parlarle
era come un miraggio per me.
Pattinavo su e giù per la strada
sempre in testa alla lunga catena
di ragazzi attaccati alle spalle,
quando lei si affacciava facevo
giravolte e svolazzi da clown.
Quando usciva con qualche sua amica
la seguivo da molto lontano,
poi correvo girandole incontro
come stessi passando per caso,
lei ignorava il saluto che invece
la sua amica sembrava gradire.
Poi un giorno la vidi sul tram,
era in piedi e la folla premeva,
lei teneva una mano aggrappata
alla tonda maniglia più in alto.
La raggiunsi di spalle e lei volse
solo un attimo gli occhi e poi
tornò a leggere il libro davanti.
Con cautela posai la mia mano
sulla stessa maniglia e poi piano
carezzai con le mie le sue dita.
Lei non tolse la mano ma anzi
lasciò pure che un po’ la stringessi,
poi appoggiandosi appena girò
lentamente lo sguardo e sorrise,
e alla prima frenata del tram
la sorressi e fu quasi un abbraccio.
Quel contatto mi diede emozione
come quando si prende la scossa,
e sperai che il viaggio durasse
anche dopo la nostra fermata.
Quando scese mi lanciò solo un ciao
e poi corse attraverso la piazza
verso casa senza mai rigirarsi.
Quella sera sentivo suonare
“Only you” dal suo giradischi,
e discesi pian piano le scale
fischiettando lo stesso motivo.
Come fosse un tacito accordo
lentamente lei aprì la sua porta
e salì per due rampe di scale,
e stavolta non solo di mani
fu un incontro, ma anche di labbra
e di cuori battenti nel buio.
Con lei dopo ci furono incontri
quando venne sul prato di fronte
in quei giorni un bel luna Park,
ma il ricordo più vivo è senz’altro
quell’incontro a metà delle scale
ripetuto ogni sera finché
non si spense quel piccolo fuoco
che era nato quel giorno sul tram.
lunedì 23 agosto 2010
L'imbrattatore
Si è rifatto vivo il simpatico lettore che, coraggiosamente anonimo, si diverte a lasciarmi i suoi commenti escrementizi ( che, non se ne voglia, io mi affretto a buttare in pattumiera) per dirmi di piantarla di scrivere delle cazzate e sottolineare quanto siano banali e stupidi i miei post (immagino in confronto ai suoi, se ne fa) e soprattutto stucchevole e patetico questo mio continuo rivangare il passato e mettere in penose rime i miei filarini adolescenziali.
Vorrei rispondere al suddetto che nessuno lo obbliga a visitare questo blog e a leggermi. Se gli avanza del tempo, non lo sprechi a leggere i miei post, con tanti scrittori e poeti di fama che ci sono al mondo, ma se proprio masochisticamente ci tiene ad infliggersi questa pena, che almeno si firmi ed esprima con delle motivate critiche, che sono sempre bene accette, e non semplicemente con insolenze la sua insofferenza nei confronti del sottoscritto.
In proposito, dico soltanto che questo è uno spazio aperto ai visitatori, ma privato e su questa bacheca sono libero di scriverci ed esporci quello che mi pare. Posso concordare che parlare sempre del passato è patetico, e infatti ho smesso di farlo pubblicamente su Facebook, ma qui non è vietato e mi piace farlo, anche perché il presente mi ispira raramente pensieri che non siano già stati molto più efficacemente commentati da persone più autorevoli, e comunque perché è fatale che alla mia età, con una aspettativa di vita verosimilmente ridotta, si abbiano più ricordi e rimpianti che speranze e progetti.
Comunque ribadisco all’anonimo imbrattatore: vada a sfogare le sue nevrosi e il suo astio da qualche altra parte, tanto io non desisto e non cambio account o cancello questo indirizzo: se ho voglia di scrivere rime infantili o demenziali lo faccio, anzi domani ne pubblico subito un’altra, tanto per gradire…..
domenica 22 agosto 2010
Aurora
Ancora un nome dei miei anni verdi, una breve storia durata lo spazio di un’estate…
Una valle ed un fiume,
quante sere sul ponte
a guardar la corrente
a giocar con gli amici
con le stecche giù al bar,
a imbucare monete
in quel vecchio juke-box.
Ed un giorno ti ho vista
fare il bagno in piscina,
la tua grazia, il tuo corpo
come un pesce lucente,
i miei tuffi carpiati
per attrarre il tuo sguardo.
Poi i miei pomeriggi
a seguire nel parco
il corteo delle bici
delle garrule amiche,
per vederti frenare
e il tuo tacito invito
ad osare un approccio,
a tentare un sorpasso
oltre l’aspra salita
della mia timidezza.
Venne il giorno di festa
e l’orchestra suonava
proprio all’ora del thè
nel giardino affollato
di uno splendido hotel.
Tu sembravi un diamante
tra frantumi di vetro,
mi guardavi e ho pensato
‘Vai, adesso o mai più’…
Con la voce tremante
ti ho invitata a ballare:
che emozione sentirti
aderente al mio petto,
la tua mano sottile
allacciata alla mia,
la tua tempia un contatto
troppo presto svanito,
le parole abortite
prima ancora di uscire.
Poi una schiera di giorni
col tuo viso nei sogni,
un distratto seguire
le allegrie degli amici,
le partite a pallone,
le serate al caffè.
Era l’ultimo giorno
di vacanza per me:
una moto a noleggio
per portarti con me:
eri molto indecisa,
ma ti ho quasi rapita,
non volevo lasciarti
senza dirti qualcosa
d’importante per noi.
Ti sei stretta nel vento
abbracciata alla vita,
ti ho portata lontano
sui sentieri del bosco.
Con la moto ormai ferma
esitavo a girarmi,
carezzavo soltanto
le tue dita intrecciate.
Alla fine sei scesa,
ti ho seguita nel bosco,
raccoglievi lamponi
che portavi alla bocca
come un tenue rossetto,
su un cespuglio di rovi
hai scoperto le more
e il viola del succo
ti ha dipinto la lingua;
si scioglieva nell'aria
il biondo dei capelli
e gli occhi abbagliavano
come verdi smeraldi.
Inebriante miscuglio
quel filtro di colori
come voglia improvvisa
di tuffare le labbra
tra i petali socchiusi
di quell'umida ninfea.
Ho attirato il tuo volto
con la prima carezza
e poi solo un trabocco
di due lave roventi,
calamite ora fuse
da un torrente di baci.
Tra parole spezzate
dai respiri crescenti
il sapore dei sensi
sulle nostre due bocche.
In un’ora bruciata
una storia d’estate,
la campana che avvisa,
(nonostante il tuo nome),
il tramonto del sole,
un ritorno, un addio,
un cancello richiuso
su un amore neonato
e già quasi morente.
Una valle ed un fiume,
quante sere sul ponte
a guardar la corrente
a giocar con gli amici
con le stecche giù al bar,
a imbucare monete
in quel vecchio juke-box.
Ed un giorno ti ho vista
fare il bagno in piscina,
la tua grazia, il tuo corpo
come un pesce lucente,
i miei tuffi carpiati
per attrarre il tuo sguardo.
Poi i miei pomeriggi
a seguire nel parco
il corteo delle bici
delle garrule amiche,
per vederti frenare
e il tuo tacito invito
ad osare un approccio,
a tentare un sorpasso
oltre l’aspra salita
della mia timidezza.
Venne il giorno di festa
e l’orchestra suonava
proprio all’ora del thè
nel giardino affollato
di uno splendido hotel.
Tu sembravi un diamante
tra frantumi di vetro,
mi guardavi e ho pensato
‘Vai, adesso o mai più’…
Con la voce tremante
ti ho invitata a ballare:
che emozione sentirti
aderente al mio petto,
la tua mano sottile
allacciata alla mia,
la tua tempia un contatto
troppo presto svanito,
le parole abortite
prima ancora di uscire.
Poi una schiera di giorni
col tuo viso nei sogni,
un distratto seguire
le allegrie degli amici,
le partite a pallone,
le serate al caffè.
Era l’ultimo giorno
di vacanza per me:
una moto a noleggio
per portarti con me:
eri molto indecisa,
ma ti ho quasi rapita,
non volevo lasciarti
senza dirti qualcosa
d’importante per noi.
Ti sei stretta nel vento
abbracciata alla vita,
ti ho portata lontano
sui sentieri del bosco.
Con la moto ormai ferma
esitavo a girarmi,
carezzavo soltanto
le tue dita intrecciate.
Alla fine sei scesa,
ti ho seguita nel bosco,
raccoglievi lamponi
che portavi alla bocca
come un tenue rossetto,
su un cespuglio di rovi
hai scoperto le more
e il viola del succo
ti ha dipinto la lingua;
si scioglieva nell'aria
il biondo dei capelli
e gli occhi abbagliavano
come verdi smeraldi.
Inebriante miscuglio
quel filtro di colori
come voglia improvvisa
di tuffare le labbra
tra i petali socchiusi
di quell'umida ninfea.
Ho attirato il tuo volto
con la prima carezza
e poi solo un trabocco
di due lave roventi,
calamite ora fuse
da un torrente di baci.
Tra parole spezzate
dai respiri crescenti
il sapore dei sensi
sulle nostre due bocche.
In un’ora bruciata
una storia d’estate,
la campana che avvisa,
(nonostante il tuo nome),
il tramonto del sole,
un ritorno, un addio,
un cancello richiuso
su un amore neonato
e già quasi morente.
sabato 21 agosto 2010
Immaginazione
Posso raccontare quello che vedo o sento adesso, una finestra, un giardino, una strada, un mal di testa, un formicolio alla gamba destra, ma sono tutte descrizioni dell'esperienza, della realtà, non sono una storia. Una storia ha bisogno di immaginazione, di descrivere qualcosa che non esiste, qualcosa che si inventa per creare un'alternativa alla realtà, per cambiare qualcosa che non ci piace, nella vita privata ma anche in quella pubblica, nella società. Senza immaginazione non c'è volontà di cambiamento, non c'è romanzo, non c'è una storia nuova, e nulla cambia..
giovedì 19 agosto 2010
Mariangela
Continua la trasposizione in versi di episodi del mio libro. Stavolta è il turno di un altro breve incontro con una dolce ragazza, dal nome come sempre rievocativo, che ha lasciato una delicata impronta impressa nella mia memoria.
Come timida lumaca
che ritira le antenne
allo sfiorare di un gesto,
paurosa nascondevi
le vampe del rossore
con le fughe improvvise
dal mio sguardo insistente.
Uno spruzzo di efelidi
come crusca gettata
su un velo di farina
e gli occhi grigioverdi
sfuggenti bersagli
della mia carabina,
dietro le lenti ambrate
e le ciglia socchiuse.
Per aprirne le valve
né tenaglie né magli
ma il cuneo delicato
di morbide domande
e il racconto inventato
di gesta mai compiute.
La condussi sul fiume
piangente come i salici
per le spore del polline.
Le asciugai le lacrime
con due piccoli baci
per mitigare il tremito
di quel madido pulcino,
le avvolsi una collana
di foglie attorno al collo,
e scrissi le iniziali
del suo e del mio nome
sulle rotonde pietre
dell’argine assolato,
ma non valse l’assedio
di inutili carezze
a sciogliere quel nodo
di braccia avviluppate
sull’incrocio di gambe
come un filo spinato.
Lasciai spegnere la spia
del suo acceso batticuore
sul quadrante del tramonto
con le canne che vibravano
le piumose vette al vento.
Al ritorno lei disciolse
le sue dita dal mio laccio
e leggera corse incontro
al suo cane ed al suo nido
di ricami ed orsacchiotti.
E fui pago di restare
solo un nome ed un disegno
sul diario dei ricordi
di quel bocciolo di donna.
Come timida lumaca
che ritira le antenne
allo sfiorare di un gesto,
paurosa nascondevi
le vampe del rossore
con le fughe improvvise
dal mio sguardo insistente.
Uno spruzzo di efelidi
come crusca gettata
su un velo di farina
e gli occhi grigioverdi
sfuggenti bersagli
della mia carabina,
dietro le lenti ambrate
e le ciglia socchiuse.
Per aprirne le valve
né tenaglie né magli
ma il cuneo delicato
di morbide domande
e il racconto inventato
di gesta mai compiute.
La condussi sul fiume
piangente come i salici
per le spore del polline.
Le asciugai le lacrime
con due piccoli baci
per mitigare il tremito
di quel madido pulcino,
le avvolsi una collana
di foglie attorno al collo,
e scrissi le iniziali
del suo e del mio nome
sulle rotonde pietre
dell’argine assolato,
ma non valse l’assedio
di inutili carezze
a sciogliere quel nodo
di braccia avviluppate
sull’incrocio di gambe
come un filo spinato.
Lasciai spegnere la spia
del suo acceso batticuore
sul quadrante del tramonto
con le canne che vibravano
le piumose vette al vento.
Al ritorno lei disciolse
le sue dita dal mio laccio
e leggera corse incontro
al suo cane ed al suo nido
di ricami ed orsacchiotti.
E fui pago di restare
solo un nome ed un disegno
sul diario dei ricordi
di quel bocciolo di donna.
martedì 17 agosto 2010
Emozioni
Mi emoziona un film, mi emoziona un gol, mi emoziona una musica, mi emoziona un libro, mi emoziona un ricordo, mi emoziona una lettera, mi emoziona un viso, una fotografia, un’alba o un tramonto, un incontro, un abbraccio, una stretta di mano, mi emoziona anche solo l’attesa di una di tutte queste cose…
Freddezza e imperturbabilità sono solo un mantello col quale ci avvolgiamo e col quale nascondiamo la trasparenza delle emozioni…
Freddezza e imperturbabilità sono solo un mantello col quale ci avvolgiamo e col quale nascondiamo la trasparenza delle emozioni…
lunedì 16 agosto 2010
Annamaria
Questa è un’altra piccola storia vera, sempre tratta dal mio libro e tramutata in versi, che racconta la breve infatuazione per un’altra delle lucciole che ho inseguito in quel periodo della mia vita, cercando un surrogato della mia irraggiungibile Mari.
Come una lesta trottola
rimbalzava tra i banchi,
una pallina da flipper
il suo andar vorticoso
tra le sponde e le scale
piroettando l’elastico
delle gambe d’airone.
Seguivo il saltellare
del suo moto perpetuo
tra i crocchi di compagne
all’uscita da scuola.
Sventagliava le trecce
e la corta frangetta
con gli scatti improvvisi
di un’attenta capinera.
Snocciolando le amiche
nel labirinto di strade
restava sola a fingere
inesistenti ciottoli
da saltare a piè pari,
sbocconcellando i margini
di teneri biscotti,
e un sandalo slacciato
come invito e uno sprone
alla mia esitazione.
Poi un giorno una domanda:
“Perché mi segui sempre?”
e rotto ormai il silenzio
un fiume di parole
di cinciallegra garrula
senza le nere piume
del grembiule di scuola.
Seguirono altri giorni
di amabili accompagni,
lei sempre una cicala
e vispa farfalletta,
dando cento risposte
all’unica domanda
che studiavo a memoria.
Ricordo un pomeriggio
passato al Luna Park,
il guizzante autoscontro,
la pioggia di scintille
come lapilli accesi
delle sue grida al cielo,
il giro sulla ruota
e il bacio ricambiato
all’apice del volo.
Ricordo ancora giorni
di tenero flirtare,
poi il lento progredire
come baco infiltrato
della mia inquietudine,
le frivole parole
sempre più tiepide,
ed io che ormai cercavo
di scoprire una donna
sotto l’asprigno involucro
di acerba ragazzetta.
E breve fu la fiamma
di quel pugno di paglia,
un breve giro di danza
su un ritaglio di musica,
e poi ancora la mia mente
a seguire le tracce
dei miei fili di Arianna.
Come una lesta trottola
rimbalzava tra i banchi,
una pallina da flipper
il suo andar vorticoso
tra le sponde e le scale
piroettando l’elastico
delle gambe d’airone.
Seguivo il saltellare
del suo moto perpetuo
tra i crocchi di compagne
all’uscita da scuola.
Sventagliava le trecce
e la corta frangetta
con gli scatti improvvisi
di un’attenta capinera.
Snocciolando le amiche
nel labirinto di strade
restava sola a fingere
inesistenti ciottoli
da saltare a piè pari,
sbocconcellando i margini
di teneri biscotti,
e un sandalo slacciato
come invito e uno sprone
alla mia esitazione.
Poi un giorno una domanda:
“Perché mi segui sempre?”
e rotto ormai il silenzio
un fiume di parole
di cinciallegra garrula
senza le nere piume
del grembiule di scuola.
Seguirono altri giorni
di amabili accompagni,
lei sempre una cicala
e vispa farfalletta,
dando cento risposte
all’unica domanda
che studiavo a memoria.
Ricordo un pomeriggio
passato al Luna Park,
il guizzante autoscontro,
la pioggia di scintille
come lapilli accesi
delle sue grida al cielo,
il giro sulla ruota
e il bacio ricambiato
all’apice del volo.
Ricordo ancora giorni
di tenero flirtare,
poi il lento progredire
come baco infiltrato
della mia inquietudine,
le frivole parole
sempre più tiepide,
ed io che ormai cercavo
di scoprire una donna
sotto l’asprigno involucro
di acerba ragazzetta.
E breve fu la fiamma
di quel pugno di paglia,
un breve giro di danza
su un ritaglio di musica,
e poi ancora la mia mente
a seguire le tracce
dei miei fili di Arianna.
domenica 15 agosto 2010
Ferragosto
E'passato un anno dal mio primo post, a Ferragosto del 2009. Da allora ne ho scritti parecchi, forse trecento, durante un anno in cui freneticamente ho riempito anche pagine di un libro, di racconti, di versi, di commenti e pensieri su Facebook.
Ho anche seguito un corso di scrittura creativa, e forse questo ha dato maggiore impulso a questa tardiva grafomania, perché, come diceva il professore a quelle lezioni, "la pulsione a manifestarsi è sentimento della prima infanzia spesso castrato dalle mille vicissitudini dell'esistenza" e la si può ritrovare in tarda età, come dopo una lunga malattia...
Concludo riportando, per la ricorrenza, parte dei versi scritti tanti anni fa, in un Ferragosto senz'altro più spensierato di questo, passato con tanti amici e tanta allegria in un'isola jugoslava, festeggiando il compleanno di una compagna di vacanze che ancora oggi resta tra i pochi intimi amici che frequento.
...Sgocciolati da un tunnel / puntato sul mare / la strada è una finestra / aperta sulle case / e terrazze di luce / spiovuta da nubi lacerate / prestano un telo all'ombra / che cade dai campanili. / Legati da sagole di parole / cordata di letizia / tra le viti a gradinate / guida una cremagliera di merli / i canti verso il mare. / Rigagnoli di passi nella pineta / e pioli levigati di una scala / che sgorga tra le barche. / S'affollano i visi tra reti / gettate all'ingordigia / capriole di mani / tra bottiglie e spiedini / e rossore d'aragoste / al girotondo di risa....
Ho anche seguito un corso di scrittura creativa, e forse questo ha dato maggiore impulso a questa tardiva grafomania, perché, come diceva il professore a quelle lezioni, "la pulsione a manifestarsi è sentimento della prima infanzia spesso castrato dalle mille vicissitudini dell'esistenza" e la si può ritrovare in tarda età, come dopo una lunga malattia...
Concludo riportando, per la ricorrenza, parte dei versi scritti tanti anni fa, in un Ferragosto senz'altro più spensierato di questo, passato con tanti amici e tanta allegria in un'isola jugoslava, festeggiando il compleanno di una compagna di vacanze che ancora oggi resta tra i pochi intimi amici che frequento.
...Sgocciolati da un tunnel / puntato sul mare / la strada è una finestra / aperta sulle case / e terrazze di luce / spiovuta da nubi lacerate / prestano un telo all'ombra / che cade dai campanili. / Legati da sagole di parole / cordata di letizia / tra le viti a gradinate / guida una cremagliera di merli / i canti verso il mare. / Rigagnoli di passi nella pineta / e pioli levigati di una scala / che sgorga tra le barche. / S'affollano i visi tra reti / gettate all'ingordigia / capriole di mani / tra bottiglie e spiedini / e rossore d'aragoste / al girotondo di risa....
sabato 14 agosto 2010
Lontananze
Ancora la stessa canzone, ancora la stessa suggestione, sull’onda dei ricordi, di un lento ballato su un’isola lontana, in un’estate ancora più lontana…
venerdì 13 agosto 2010
FIORI
Come organi sessuali, i fiori sono magari meno seducenti e voluttuosi dei nostri, ma senz'altro più esteticamente affascinanti. La loro bellezza attrae ed ispira da sempre poeti, pittori e fotografi, ed anch'io ho spesso ritratto le loro corolle, specie quando, con l'attrezzatura precedente, avevo la slitta e gli altri accessori macro che mi permettevano delle messe a fuoco davvero ravvicinate. Ora con lo zoom della digitale posso fare al massimo dei primi piani, come questi degli ibischi che ho in giardino, ma certo non raggiungo la bellezza che si può ammirare, per esempio, in questo bel video, ancora più suggestivo per la dolce musica di sottofondo...
Democrazia
Rousseau diceva che non c'è democrazia dove c'è chi è così povero da essere costretto a vendersi e chi è così ricco da potersi permettere di comprarlo.
Se guardo la nostra attuale società, la vedo piena di esempi di questo genere, quindi devo dedurre che anche la nostra è una finta democrazia: in realtà il potere e il denaro è in mano a pochi che, pur non esercitando una dittatura manifesta, in pratica condizionano e sottomettono la libertà e l'emancipazione degli altri.
Se guardo la nostra attuale società, la vedo piena di esempi di questo genere, quindi devo dedurre che anche la nostra è una finta democrazia: in realtà il potere e il denaro è in mano a pochi che, pur non esercitando una dittatura manifesta, in pratica condizionano e sottomettono la libertà e l'emancipazione degli altri.
giovedì 12 agosto 2010
MIRA
Continua l'esercizio di tramutare in versi episodi già scritti in prosa. Stavolta ho ripreso un episodio tratto dal mio libro, una breve e maldestra avventura con una ragazzina di nome Palmira, detta Mira, che essendo l'anagramma di Mari, la mia stella polare di quegli anni, avevo seguito e avvicinato come per un presentimento, come un segno del destino.
Seguivo la tua scia
e gli affrettati passi
lungo il sentiero ombroso,
tra i fossi e le robinie
di quei fioriti campi.
Quel giorno il mio coraggio
forzò la timidezza
e spinse sui pedali
della mia bicicletta:
i tuoi pesanti libri
legati alle mie spalle
e tu tra le mie braccia,
le mani sul manubrio,
le gambe dolce impatto
ad ogni lento giro
del mio ginocchio nudo.
Crescente il mio respiro
sull’incavo del collo
e molla d’emozione,
sugli occhi i tuoi capelli
sollevati dal vento
a nasconder le insidie
dei solchi sul cammino.
Con incaute parole
sussurrate all’orecchio
uno scambio di mani
alla guida già incerta,
attorno alla tua vita
le mie come un viluppo,
le tue strette alla barra
schivando buche e sassi.
E fu presto la fine
di quell'ardito approccio,
un volo e quell’abbraccio
si sciolse sul selciato,
tra ruote e libri all’aria.
Due lacrime e un lamento
per le gocce di sangue
del tuo gomito offeso.
Le labbra mie che prima
sfioravan la tua pelle
in breve trasformate
tampone alla ferita.
Poi quel tuo grido acuto
dal dolore alla rabbia,
nel vederle stampate
con un gesto villano
sul lembo della veste.
Uno scatto, un insulto,
i tuoi libri raccolti,
le mie scuse respinte
in faccia al mio stupore,
la tua fuga per sempre
lungo il viale assolato,
la campana lontana
che scandiva i rintocchi
di quel fugace incanto.
mercoledì 11 agosto 2010
Armi subacquee
Mi piace quanto attuato in Thailandia, dove hanno affondato vecchi carri armati per offrire rifugio e favorire la riproduzione dei pesci. Quest'idea di usare le armi per favorire l'amore richiama un po' lo slogan hippie degli anni 60 "fate l'amore non fate la guerra", ed è lodevole, anzi proporrei utopisticamente di non limitarsi ai vecchi carri armati, ma di buttare a mare indiscriminatamente tutte le armi moderne...
martedì 10 agosto 2010
Angeli e demoni
Nell'iconografia delle canzoni romantiche e nei video la donna è sempre rappresentata angelicamente provvista di ali, di veli fluttuanti, circondata da aloni di stelle, da cigni e unicorni, da rose, stelle e cuoricini. Poi nella vita ti capita di incontrare per lo più donne normali, senza l'aureola ma con tante doti e qualche difetto, più raramente donne angeliche o arpie, e qualche volta anche delle vere serpi.
Ma se poi ci pensi bene, ognuna di queste ti è apparsa o si è comportata come tu l'hai trattata, ognuna presa a sè stante, pregio o difetto in più o in meno, era una donna normale, ma tu poi l'hai fatta diventare nel tuo giudizio un angelo, una serpe, una santa o una puttana..
lunedì 9 agosto 2010
Martina
Chi mi seguiva e leggeva i miei scritti, sia in prosa che in poesia, mi ha più volte consigliato di indirizzarmi a quest'ultima, come espressione a me più congeniale e significativa. Seguendo questo consiglio, ultimamente mi sono dedicato a scrivere più poesie che racconti, o anche a trasformare e condensare una storia nata come novella in poesia, dove con altra forma di espressione dovrei comunicare, forse più efficacemente e concisamente, le stesse cose che avevo raccontato in prosa.
Quello che segue è un esempio di questo esercizio, e narra una storia ispirata ad un estate da me vissuta in anni molto lontani, quand'ero ancora un "teen ager", e ad una ragazza di nome Martina, che ancora oggi vado ogni anno a trovare nello stesso piccolo cimitero di montagna, dove riposa anche mia madre....
Mi aspettavi ogni giorno
sul muretto assolato,
con gli stacchi zebrati
sulle gambe incrociate
della tua abbronzatura.
Le tue treccine avvolte
come un nido d’uccelli
e due pomelli accesi
sul bianco del sorriso
tra le more mature
degli occhi nerazzurri.
Seguivo il tuo scalare
risalendo il torrente
come agile cerbiatta,
mentre tendevi in alto
esperta la tua mano
tra gli arbusti più saldi
tra i cespugli e le rocce
di scroscianti ruscelli.
Una sosta per dare
respiro al mio ansimare,
mentre a tazza colmavi
di reti le tue mani
per gamberi e girini.
Finché lassù spianava
sulla conca del lago
il confine del cielo
tra una quinta di abeti.
Ti sdraiavi sull’erba
a guardar la cascata
e la polvere d’acqua
luccicante nel sole.
Sfilavi i calzoncini
bagnati ad asciugare,
spesso un graffio o una spina
sulle tue gambe nude
affidati alle cure
del mio pronto soccorso.
Ti rivedo chinata
a bere l’acqua limpida
tra le mani socchiuse
e a sciogliere i capelli
nella pioggia di gocce,
con la maglietta intrisa
sopra l’acerbo seno,
le grida e le risate
com’eco ripetuto
sulle falde del monte.
Aspettavi ogni volta
un mio bacio improvviso
mentre distesa al sole,
socchiusi gli occhi appena,
le trecce sciolte attorno,
eri invito all’amore.
Ma quando finalmente
sfioravo le tue labbra
scappavi come morsa
da un viscido serpente.
E’ soltanto un ricordo
di un’estate lontana.
Son tornato a cercarti
qualche anno più tardi
sulle pietre del bosco,
sul torrente scosceso,
ma eri andata più in alto
con due ali spuntate
per andar fino in cielo.
Sono andato a trovarti
tra le fiorite lapidi
di una piccola chiesa,
sulle rive muschiose
di quel nostro torrente.
Ti ho vista e mi guardavi,
ancora quel sorriso
di gioiosa ragazza:
ora con gli occhi schiusi
aspettavi il mio bacio
su quell’umido marmo.
L’ho posato e stavolta
non ti ho vista fuggire:
sei restata a guardarmi
affacciata sul muro
del tuo piccolo nido,
tra le aiuole ed i fiori
del giardino sul monte.
Quello che segue è un esempio di questo esercizio, e narra una storia ispirata ad un estate da me vissuta in anni molto lontani, quand'ero ancora un "teen ager", e ad una ragazza di nome Martina, che ancora oggi vado ogni anno a trovare nello stesso piccolo cimitero di montagna, dove riposa anche mia madre....
Mi aspettavi ogni giorno
sul muretto assolato,
con gli stacchi zebrati
sulle gambe incrociate
della tua abbronzatura.
Le tue treccine avvolte
come un nido d’uccelli
e due pomelli accesi
sul bianco del sorriso
tra le more mature
degli occhi nerazzurri.
Seguivo il tuo scalare
risalendo il torrente
come agile cerbiatta,
mentre tendevi in alto
esperta la tua mano
tra gli arbusti più saldi
tra i cespugli e le rocce
di scroscianti ruscelli.
Una sosta per dare
respiro al mio ansimare,
mentre a tazza colmavi
di reti le tue mani
per gamberi e girini.
Finché lassù spianava
sulla conca del lago
il confine del cielo
tra una quinta di abeti.
Ti sdraiavi sull’erba
a guardar la cascata
e la polvere d’acqua
luccicante nel sole.
Sfilavi i calzoncini
bagnati ad asciugare,
spesso un graffio o una spina
sulle tue gambe nude
affidati alle cure
del mio pronto soccorso.
Ti rivedo chinata
a bere l’acqua limpida
tra le mani socchiuse
e a sciogliere i capelli
nella pioggia di gocce,
con la maglietta intrisa
sopra l’acerbo seno,
le grida e le risate
com’eco ripetuto
sulle falde del monte.
Aspettavi ogni volta
un mio bacio improvviso
mentre distesa al sole,
socchiusi gli occhi appena,
le trecce sciolte attorno,
eri invito all’amore.
Ma quando finalmente
sfioravo le tue labbra
scappavi come morsa
da un viscido serpente.
E’ soltanto un ricordo
di un’estate lontana.
Son tornato a cercarti
qualche anno più tardi
sulle pietre del bosco,
sul torrente scosceso,
ma eri andata più in alto
con due ali spuntate
per andar fino in cielo.
Sono andato a trovarti
tra le fiorite lapidi
di una piccola chiesa,
sulle rive muschiose
di quel nostro torrente.
Ti ho vista e mi guardavi,
ancora quel sorriso
di gioiosa ragazza:
ora con gli occhi schiusi
aspettavi il mio bacio
su quell’umido marmo.
L’ho posato e stavolta
non ti ho vista fuggire:
sei restata a guardarmi
affacciata sul muro
del tuo piccolo nido,
tra le aiuole ed i fiori
del giardino sul monte.
domenica 8 agosto 2010
La bellezza
L'astinenza da Facebook ha gettato acqua sul carburante che alimentava la mia vena ispiratrice, ma in compenso mi ha ridato freddezza e buon senso per guardare più obiettivamente la realtà, senza indulgere in fantasticherie fuori luogo e fuori tempo.
Direi anzi che ha fatto affiorare quello che in fondo era forse il motivo recondito principale della mia uscita di scena, l'imbarazzo cioè provato nell'accorgermi di aver giustificato, motivandola con l'esigenza di avere riferimenti concreti della mia ispirazione, quella che in effetti era un'assurda pretesa di rivivere, fuori tempo massimo, sensazioni ed esperienze proprie dell'innamoramento degli anni verdi.
La bella canzone di Vecchioni che ho anche citato in uno dei miei ultimi post, dice che a cinquant'anni la bellezza "posso solo starla a guardare". Figurati io che ne ho più di settanta.....
Direi anzi che ha fatto affiorare quello che in fondo era forse il motivo recondito principale della mia uscita di scena, l'imbarazzo cioè provato nell'accorgermi di aver giustificato, motivandola con l'esigenza di avere riferimenti concreti della mia ispirazione, quella che in effetti era un'assurda pretesa di rivivere, fuori tempo massimo, sensazioni ed esperienze proprie dell'innamoramento degli anni verdi.
La bella canzone di Vecchioni che ho anche citato in uno dei miei ultimi post, dice che a cinquant'anni la bellezza "posso solo starla a guardare". Figurati io che ne ho più di settanta.....
sabato 7 agosto 2010
Shinkansen
Dal treno più alto a quello più veloce. Quando andai in Giappone, per trasferirmi da Tokyo a Kyoto presi lo Shinkansen, il treno che viaggia a 300 km. orari. Ero in ritardo e per la difficoltà di leggere bene sul biglietto la posizione da prendere sul binario, salii su uno degli ultimi vagoni. Per raggiungere il mio vagone e il mio posto con la mia grossa valigia, attraversando tutto il lunghissimo treno, impiegai tanto tempo che quando arrivai a sedermi ero già praticamente arrivato a destinazione...
Il treno delle nubi
Ho letto il viaggio emozionante che si può fare su questo treno, che si arrampica sulle Ande fino all'altezza di 4200 metri, passando sul viadotto più alto del mondo, con la sensazione mozzafiato di volare in cielo. Se fossi un malato terminale, piuttosto che consumarmi soffrendo in un letto vorrei un carrello da montagne russe per correre su quel viadotto, trovarlo saltato in aria come il ponte sul fiume Kwai e volar via come un Jumbo contro la montagna, che non ne rimangano neanche le briciole..
venerdì 6 agosto 2010
La zanzara
Tempo fa dicevo che da piccolo, ma anche da grande durante gli studi di biologia, avevo torturato spesso piccoli animali, ma che poi, forse per espiazione, non sono più riuscito a far male neppure ad una mosca. Eccetto che alle zanzare, per la loro infida tattica con cui attaccano l'uomo mentre dorme indifeso.
Beh, ora mi sono accorto che non riesco neppure più ad ammazzare le zanzare. C'è n'è una in particolare, che mi aspetta ogni sera finchè mi corico, e poi arriva sistematicamente a posarsi sul muro a fianco, aspettando che abbia finito di leggere e mi addormenti.
E' sempre la stessa, perché la porta resta chiusa durante il giorno ed è l'unica che vedo. All'inizio ho cercato di spiaccicarla a cuscinate, poi l'ho guardata da vicino, l'ombra delle sue lunghe zampette sul muro e le sue antennine vibranti, e mi è sembrata anch'essa un piccolo essere perfetto, probabilmente affamato e meritevole di quel draculiano pasto notturno, per me piccolo tributo, ma che per lei è la sopravvivenza. Così d'allora non mi affanno più a scacciarla e cercare invano di stamparla sul muro, ma spengo la luce e lascio che mi rubi quella mezza goccia di sangue che a me non costa niente, e magari mi fa anche bene......
giovedì 5 agosto 2010
Mancato !
Ahmadinejad è sfuggito ad un attentato. Tenuto conto del suo regime poliziesco, che solo quest'anno ha condannato a morte 15 giovani per proteste, eseguito 115 impiccagioni, arrestato centinaia di dissidenti, tra cui 170 giornalisti, ammazzato donne che si ribellavano alla dura condizione femminile, perpretato stupri, torture e violenze varie, si fa peccato a dire " speriamo che ci riprovino??".......
martedì 3 agosto 2010
Ecomostri
Sul Corriere on-line di oggi vedo, nell'ambito della denuncia dello scempio che rappresentano i mostri di cemento sulle coste italiane, particolarmente evidenziato uno scheletro di cemento costruito a pochi metri dal mare, proprio sotto la splendida "Scala dei Turchi", scenario di candide rocce marniche della costa agrigentina che questa estate ho visitato ed ammirato come una meraviglia della natura. Proprio quell'edificio mi aveva colpito e scandalizzato per il suo stridente contrasto con lo sfondo in cui è inserito, e voglio qui riproporre la foto che ho fatto in quell'occasione, perché la mia inquadratura mi sembra ancor più lampante ed esemplificativa di quella che ho visto riprodotta sul giornale.
lunedì 2 agosto 2010
Il paroliere
Uno degli primi esercizi del corso di scrittura creativa che ho seguito, consisteva nel mettere insieme una serie di parole (ognuno ne suggeriva una ) e dar loro un significato e un contenuto in una forma appropriata. Con la seguente serie di parole VITA-LIBERTA'-ABBANDONO-DOLORE-INCOGNITO-MARE-GIOIA-MAGIA-SOLITUDINE-DESIDERIO-TRISTEZZA-DOLCEZZA-NOSTALGIA-PESO, avevo costruito una piccola poesia dedicata al mio cane Drek, quello precedente al mio attuale :
LA GIOIA DEI TUOI SALTI E LA DOLCEZZA
DEGLI OCCHI CON IN FONDO UN DESIDERIO
DI VITA GAIA E DI CORSE IN LIBERTA’.
E' UN PESO ED UN DOLORE IL TUO ABBANDONO
E UN MARE DI TRISTEZZA E NOSTALGIA,
SOLITUDINE PERCHÉ NON CI SEI PIÙ,
VORREI CHE PER MAGIA TU RITORNASSI
DAL BUIO INCOGNITO ANCORA AD ABBAIAR.
domenica 1 agosto 2010
Segni grafici
Il sito http://www.bancodelleparole.net/ è una tribuna o un giornale on-line a cui ognuno può inviare dei propri scritti in prosa o in poesia e sperare che vengano pubblicati, se ritenuti validi. In precedenza avevo inviato dei pensieri o brani del mio blog che sono stati pubblicati, e ultimamente diverse mie poesie, molte delle quali ho visto con piacere messe su quella vetrina, l'ultima proprio ieri.
Rileggendo una di queste, comparsa il 25/6, che avevo dedicato ad un'amica, ma che qui è stata semplicemente intitolata "Mosaico", ho visto che mi è stata cambiata la parola "geroglifi" in geroglifici, forse pensando ad un mio errore. In realtà io mi riferivo proprio ai geroglifi, parola che esiste, e che si riferisce a quei segni e lineette con le quali, dalla tastiera del PC, si costruisce un disegno, una faccina o uno svolazzo sui commenti di FB.
Ho voluto precisarlo per chi dovesse leggere la poesia sul "Banco" e trovasse giustamente una dissonanza nella metrica e un riferimento a scritture antiche che non era nella mie intenzioni.
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