giovedì 30 settembre 2010
Vanessa
Nel filo spinato
dei tuoi pensieri
dev’esserci un varco
anche per me.
Ti riempi le mani
di mercurio e di schiuma,
luce e ombra
sono i tuoi giorni,
il tuo cuore
un ventaglio inquieto
di marea che viene e va.
E’ dispersa la porpora
e già logore le ali
del tuo libero amore,
sei di tutti,
sei di nessuno,
di scintille ti sei scaldata
fino ad ora, che senso ha?
Vedrai, son danze cieche,
ghirlande di farina,
un giorno un po’ di pianto
forse le incollerà.
Non scherzare così
con la tua gioventù,
stai vivendo come se fosse
l’ultim’anno della tua vita,
un bel rogo,
poi niente più.
mercoledì 29 settembre 2010
Mariella
Parafrasando un noto detto, che ho riadattato in “ Una poesia al giorno leva il medico di torno “, oggi scelgo una medicina in versi meno blanda e più corroborante.
Stavolta non è un flirt, per buona pace di chi critica i miei rimasticamenti giovanili. C’entrano meno i sentimenti e un po’ più i turbamenti, c’entra il fare all’amore senza arpeggi e ricami romantici, la prima esperienza sessuale, un corpo di donna scoperto e desiderato non per innamoramento, ma alla ricerca di un piacere puramente fisico.
Ero ancora sedicenne
e aspettavo già da un pezzo
di buttare nel cestino
manuali e fantasie
di conquiste immaginate,
i racconti degli amici
o le storie del Boccaccio,
e imparare veramente
da una pratica maestra
i segreti dell’amore.
Venne il giorno che mia madre
ospitò per qualche tempo
la nipote di un’amica.
Lei non era molto bella,
ma di corpo era un portento,
un gran petto prorompente
gambe sode e un bel sedere,
le movenze seducenti
di un felino vellutato.
Di mattina la vedevo
con la sua vestaglia corta,
i capelli sulle spalle
che faceva colazione;
mi guardava sorridendo
mentre nel passarle il latte
le spiavo quel bel seno,
poi diceva alla mia mamma:
“che bel figlio che hai sfornato,
chissà quante le ragazze
che gli corrono dappresso…”
Io sentivo un desiderio
che cresceva di ora in ora,
niente più le serenate
o i romantici pensieri,
ma volevo far l’amore
con quel nettare di donna.
Una sera, era d’estate,
giocavamo con gli scacchi,
lei le mosse mi insegnava:
qui ti mangio con l’alfiere,
qui ti monto col cavallo,
sei io sono la regina
tu mi prendi con la torre;
mi guidava con le mani
e con gli occhi mi mangiava
per mangiarmi meglio i pezzi.
Poi d’un tratto la sua mano
mi guidò su un’ altra zona
di scacchiera più allettante,
sotto il tavolo e la gonna
del suo bel vestito a fiori.
Io muovevo un po’ i pedoni,
ma ero ormai deconcentrato
e le mosse più importanti
le facevo con impegno
sopra i solchi di quel campo.
Quel bel gioco fu interrotto
dall’arrivo della mamma.
Lei mi disse sottovoce:
“vieni dopo mezzanotte,
lascio aperta la finestra,
io t’aspetto e poi t’insegno
con piacere a far l’amore.”
Con mia grande eccitazione
alle due di quella notte
dal terrazzo saltai dentro
nella stanza di Mariella:
lei era nuda nel suo letto
e alla luce della luna
il suo corpo era nell’ombra
una perla biancheggiante.
Come ardito marinaio
navigai col mio vascello
sulle onde di quel mare,
e scagliai più di una volta
il mio arpione sul bersaglio.
Poi scalai le sue pendici
fino in cima per piantare
il piccone sulla vetta,
e ogni volta che eruttava
quell’ardente suo vulcano
calde scie della sua lava
m’infuocavano la bocca.
Alla fine del viaggio
che durò per sette notti
ero esperto diventato
a giocare con sapienza
le pedine dell’amore,
e quell’arte mi è servita
per giocare altre partite,
ma soltanto nei tornei
capitati nella vita
veramente appassionanti.
martedì 28 settembre 2010
Una Kiwi che "se la tira"
L'unica pianta di kiwi femmina che avevo piantato tempo fa tra i cinque vigorosi maschi, si era sempre rifiutata di farsi impollinare, facendo apposta a fiorire in ritardo rispetto alla abbondante fioritura maschile. Quest'anno finalmente, forse perché aveva raggiunto la maturazione sessuale, o solo per capriccio e fregola tutta femminile, ha deciso di riprodursi, ma non si è concessa con facilità e terra terra: come l'ape regina vergine che vola in alto per farsi inseguire dai maschi e accoppiarsi solo in uno scomodo volo nuziale, la mia kiwi non ha fruttificato sugli accessibili rami bassi, ma ha mandato un tralcio lunghissimo per attaccarsi ai rami di un larice e i frutti sono ora belli e pendenti all'altezza di 4-5 metri.
Domanda: rischio due volte l'incolumità, una per andare in cima ad una lunga scala a tastarli se sono maturi, e un'altra, se non lo sono, per raccoglierli quando è ora, oppure per quest'anno li lascio dove sono e il prossimo anno taglio drasticamente i tralci che puntano in alto, sperando che l'arborea fanciulla non s'incazzi e rifiuti nuovamente il connubio ai pretendenti??
lunedì 27 settembre 2010
Basta con i fucili
Questa è una foto che ho fatto anni fa alle isole Andamane. E’ un incontro in mezzo al mare, e non so se quei cervi servissero per ripopolare una delle isole o fossero prede di caccia. Preferisco pensare che fosse la prima ipotesi, ma anche fosse stata selvaggina, sono già più propenso ad accettare la caccia per nutrimento e quando l’uomo cacciava con l’arco o con reti, insomma con armi alla pari dell’animale, piuttosto che la caccia attuale, che non viene fatta per la sopravvivenza dell’uomo, ma per divertimento, e dove le armi sono sproporzionate rispetto alla possibilità di scampo della selvaggina.
domenica 26 settembre 2010
Trenta ore per un minuto
Un'altra storia vera, tratta dal cassetto dei miei ricordi di teen-ager:
Lei l’avevo conosciuta
un sol giorno al matrimonio
di un amico a noi comune,
così bella che era stato
come un lampo in mezzo al cielo
dei miei giorni sempre grigi.
Il destino mi diceva
che dovevo rivederla:
dissi a casa che partivo
per vedere la partita
della Roma con la Juve.
Presi il treno a mezzanotte
ed all’alba già seguivo
sulla mappa l’indirizzo
del collegio dove stava
la ragazza che sognavo.
Aspettai per sette ore
il permesso che lei aveva
per un solo pomeriggio,
poi prendendo la corriera
la portai fino a vedere
il tramonto in riva al mare.
Giusto il tempo per un bacio
regalato in tutta fretta
sulla spiaggia di Fregene
e poi via per il ritorno
verso Roma capitale.
Un saluto mi è rimasto
qui stampato nella mente
mentre lei si allontanava
e il portone si chiudeva
su quel giorno tutto speso
per il dolce di un minuto.
Poi di corsa alla stazione
e una notte ancora in treno
tutta in piedi ripensando
a quel bacio in riva al mare.
Son seguite poi nei mesi
tante lettere d’amore
e promesse di tornare
sulla riva di quel mare,
ma non l’ho mai più rivista
perché sai la lontananza
è una ruggine che scioglie
le leggere catenelle
e resistono soltanto
salde ancore d’acciaio.
Lei l’avevo conosciuta
un sol giorno al matrimonio
di un amico a noi comune,
così bella che era stato
come un lampo in mezzo al cielo
dei miei giorni sempre grigi.
Il destino mi diceva
che dovevo rivederla:
dissi a casa che partivo
per vedere la partita
della Roma con la Juve.
Presi il treno a mezzanotte
ed all’alba già seguivo
sulla mappa l’indirizzo
del collegio dove stava
la ragazza che sognavo.
Aspettai per sette ore
il permesso che lei aveva
per un solo pomeriggio,
poi prendendo la corriera
la portai fino a vedere
il tramonto in riva al mare.
Giusto il tempo per un bacio
regalato in tutta fretta
sulla spiaggia di Fregene
e poi via per il ritorno
verso Roma capitale.
Un saluto mi è rimasto
qui stampato nella mente
mentre lei si allontanava
e il portone si chiudeva
su quel giorno tutto speso
per il dolce di un minuto.
Poi di corsa alla stazione
e una notte ancora in treno
tutta in piedi ripensando
a quel bacio in riva al mare.
Son seguite poi nei mesi
tante lettere d’amore
e promesse di tornare
sulla riva di quel mare,
ma non l’ho mai più rivista
perché sai la lontananza
è una ruggine che scioglie
le leggere catenelle
e resistono soltanto
salde ancore d’acciaio.
sabato 25 settembre 2010
Rentrée
Spinto dai lusinghieri appelli degli amici e dei pochi ma fedeli lettori, ho deciso di tornare sull'immensa e variegata platea di Facebook, sperando di non dovermene pentire. Ma appena rientrato, Facebook è andato in tilt e si è bloccato per qualche ora. Al momento, vedendo che l'accesso ripetutamente falliva, ho pensato di essere stato espulso per qualche precedente malefatta, poi ho scoperto che era stato un black-out generale e mi sono rinfrancato: potrò ancora divagarmi e chattare con gli amici (secondo me) o sprecare il mio tempo (secondo mia moglie) su questo social network, almeno fin quando un commento troppo pepato nei confronti di qualche lettore/lettrice non mi costringerà di nuovo ad eclissarmi per un altro periodo.
venerdì 24 settembre 2010
Notte di pioggia
Oltre le rotaie,
quattro lame d’acciaio
in un mare incoerente di sassi,
il fiume strisciava nero
come un serpe silenzioso,
come il buio liquefatto
di mille notti d’inverno.
Alle vampate dei lampi
rattrappiva come sorpreso
a baciare le sponde,
scoprendo il dorso
brulicante di gocce
di pioggia sommessa.
Alle spalle l’asfalto
mandava sussurri
con un crepitio leggero,
come soffregato da un vento
pieno di foglie;
l’erba sul ciglio
tendeva fasci di antenne,
come verdi tentacoli
della sete sepolta.
I fanali, piangendo
una luce malata,
svelavano la trama sottile
dell’ultimo tratto di pioggia.
Ormai tutto d’attorno
si lamentava
sotto gli scrosci:
le giovani foglie
del pergolato,
gli ultimi rami
inquieti del leccio;
ogni tetto pescava
nelle madide frange
di quel lago sospeso,
ogni stelo era l’alveo sicuro
per i fili dispersi
della trina di mille ruscelli.
p.f.010
giovedì 23 settembre 2010
Parassiti
Ho visto un documentario su un parassita delle locuste (Amphimermis) che mi ha impressionato. Come un alien visto nei films di fantascienza, il simpatico vermiciattolo si introduce nell'intestino delle locuste, dove cresce fino alla maturazione sessuale. A questo punto secerne una sostanza che invia al cervello della cavalletta che, come drogata, si dirige verso uno stagno, si immerge ed espelle il lungo filamento del verme, che poi si aggroviglia con altri suoi simili per riprodursi. E la povera locusta muore affogata. Insomma il parassita induce il suo orpite a suicidarsi.
Se da una parte questo fenomeno mi fa immaginare che la diffusione di questo parassita potrebbe essere adottata per combattere le invasioni di cavallette, dall'altro lato genera inquietanti pensieri. Chi ci dice che tanti allucinanti episodi di infanticidi ed uxoricidi con successivi suicidi non siano indotti da misteriose tossine iniettate nel cervello di ignari individui improvvisamente infettati da un ignoto virus ?
mercoledì 22 settembre 2010
Lo squalo
Questa non è una poesia, è solo un racconto ( già fatto in prosa tempo fa qui sul blog e ora messo in versi ) di una mia immersione, durante una spedizione nei lontani mari dell’oceano indiano. Mentre però nella versione in prosa lo squalo era un’allusione ad un personaggio particolare che era stato accecato da un cacciatore ignoto e “deficiente” , qui riferisco veramente come andarono i fatti, e cioè che il cacciatore deficiente in realtà fui io, anche se di quello sparo mi pento ancora adesso…
In quell’anno ero partito
per le isole Andamane,
ma era solo un’immersione
per scattare le mie foto
a quei pesci variopinti,
ai coralli e alle gorgonie
di quei mari tropicali.
Il fucile era soltanto
per difesa personale,
mentre gli altri miei compagni
eran tutti cacciatori
e riempivano la barca
delle prede più svariate,
barracuda e grosse cernie
e carangidi e tonnetti.
C’eran squali in abbondanza
ma arrivavano soltanto
se uccidevi qualche pesce
che profuso sanguinava.
Quella volta invece vidi
un squalo avvicinarsi:
era bello e rilucente
come un bel sottomarino,
ora rapido e guizzante
ora lento e circolante;
ad un tratto venne dritto
proprio in faccia al mio fucile:
partì il colpo per paura
e l’arpione lo trafisse
trapassandolo del tutto.
Lui tirava come un treno
trascinandomi sul fondo,
io mollai l’attrezzatura
per tornare a respirare,
poi tornai per ripescarlo:
era a fondo sulla sabbia
e sembrava come morto,
ma allo strappo che io feci
per portarlo in superficie
scattò in alto e diede un morso
alla pinna e poi troncando
della sagola il legame
fuggì svelto per andare
a morire nel profondo.
Fu un’inutile uccisione
di cui m’ero già pentito,
fatta un po’ per mia difesa
ma fors’anche per mostrare
che ero stato molto bravo
a infilzare un pescecane.
Quella fu l’ultima volta
che sparai con un fucile
e d’allora pesci e uccelli
ho centrato solo in pieno
con il fuoco delle lenti
del mio rapido obbiettivo,
e un arpione se potessi
nel sedere pianterei
di ogni stolto cacciatore.
martedì 21 settembre 2010
Probabilità
Ho letto su una rivista scientifica che l'uomo produce 140 milioni di spermatozoi al giorno, e mi sono chiesto, a parte l'esagerazione di questo spreco ormonale, quante probabilità ha alla nascita uno di questi poveri girini di centrare l'obbiettivo della sua esistenza, arrivando a bucare per primo il palloncino ovoideo di una donna.
Infatti è sufficiente che il maschietto che l'ha sfornato si astenga dall'accoppiamento con l'altro sesso per una settimana ed già tanto se non finisce in pattumiera insieme al quasi miliardo di consimili superflui prodotti nel periodo, e riesca invece ad infilarsi tra quelli che vengono espulsi l'ultimo giorno e iniziano la corsa come salmoni frenetici per risalire il torrente tubarico.
Ammesso poi che la donna in quel momento sia in ovulazione, altro basilare elemento che riduce drasticamente le probabilità di successo, c'è poi tutta la lotta tra i milioni di concorrenti superstiti per arrivare primo, con anche magari la beffa di essere bruciato per un soffio proprio sulla linea del traguardo. Insomma, non so calcolarla di preciso, ma certamente la probabilità di far centro per il nostro esserino è molto ma molto inferiore di quella di azzeccare un sei al superenalotto....
lunedì 20 settembre 2010
Marinella
Volgendo ancora lo sguardo indietro, ma stavolta non troppo, tra i nomi Mari-evocanti, ecco un’altra donna nel fiore degli anni, che rivedo dal fondo di un mare tropicale pinneggiare in superficie, lontana da me dieci metri d’acqua e venti anni di tempo, un’immagine che ho solo potuto ammirare e di cui ho rubato qualche controluce distraendo il mio obiettivo da un pesce angelo o un pesce farfalla, per puntarlo in alto verso la flessuosa sirena che scivolava tra mare e cielo…
Immerso sul fondale
a fissare le immagini
di pesci variopinti,
di coralli ed attinie,
ti vedevo argentea
come scia di natante
solcare l’acqua azzurra
in cima alle mie bolle
sulla cresta del mare,
la chioma filante
di alga verdebruna,
il viso nell’ampolla
di uno specchio lucente,
le braccia come bandoli
di fluttuante medusa,
il corpo un balenio
di riflessi di luce,
le pinne come coda
di discinta sirena,
serpeggiante murena,
volteggiante delfino,
madrepora fiorita
sul balcone del reef.
domenica 19 settembre 2010
Sinfonia per l'uva
Il servizio visto in TV sulle viti toscane che, ascoltando Mozart, incrementano produzione e maturazione, arricchendosi anche di polifenoli e tenendo lontani i parassiti, mi ha molto colpito, confermandomi che le piante, rispetto ad altri esseri viventi, hanno solo l'handicap di non potersi spostare (ma suppliscono spargendo semi in vari modi, allungando propaggini o emettendo ricacci ).
Però, come dimostra questo esperimento, sono in grado di reagire alle vibrazioni armoniche della musica, in sostanza di 'ascoltare', per cui non è poi da ritenere così bislacco chi è solito parlare alle sue piante (me compreso).
Ho una vite in giardino che quest'anno è piena di grappoli, ma (vedi foto)molto in ritardo di maturazione, rispetto agli anni precedenti. Potrei rimediare stimolando la stessa con qualche sinfonia mozartiana o, se non gradisce questo musicista, tentando con qualche altro compositore...
Ma forse per quest'anno è troppo tardi. Dovrò organizzarmi per la prossima stagione, piazzando altoparlanti sotto il pergolato e diffondendo musica sinfonica a vantaggio sia dei grappoli soprastanti, ma anche del sottoscritto sottostante..
sabato 18 settembre 2010
Astinenze
Dopo una piacevole vacanza sulle limpide acque del lago di Garda, eccomi di nuovo a riempire le pagine di questo diario virtuale. La previsione che la sosta forzata sarebbe stata salutare è stata esatta: ho passato due settimane senza computer, senza internet, senza giornali e praticamente senza televisione, visto che i canali erano quasi tutti in tedesco. Eppure, a parte un'iniziale crisi d'astinenza, non ho sofferto granché, ho resistito alla tentazione di raggiungere il più vicino 'internet point', e anzi ho presto dimenticato l'esigenza quotidiana di connettermi, di informarmi e di rimbecillirmi davanti a squallidi programmi TV.
Ho invece gustato dei buoni libri, fatto rilassanti e corroboranti passeggiate, mangiato degli ottimi piatti locali e scattato delle buone fotografie ai magnifici paesaggi che mi circondavano.
Oggi ho riacceso il PC, ho aperto la posta e cancellato le decine di messaggi spam, ho visto che nel frattempo non è successo nulla di tragico, oltre i soliti battibecchi politici di fine stagione, e ho constatato che nessuno si è stracciato le vesti per la mia latitanza, anzi gli inviti a tornare su Facebook si sono praticamente azzerati. D'altra parte è logico così, visto che avevo salutato tutti come se stessi partendo definitivamente per la Nuova Zelanda...
Meglio così, perché, ammesso che mi torni la voglia di tornare a farmi vivo su quella ribalta, me la posso prendere ancora comoda prima di tornare dal mio eremitaggio estivo..
venerdì 3 settembre 2010
Time out
Avviso per gli eventuali naviganti: le pubblicazioni sono sospese per due settimane, non per crisi esistenziali o rigetti vari, ma solo per godimento vacanza in località lacustre-montana, dove è difficilmente accessibile internet. Tale distacco non potrà comunque che essere benefico per la salute e la mente del sottoscritto. Arrivederci.
giovedì 2 settembre 2010
Licia
Quello di oggi in teoria dovrebbe essere il primo nome femminile dell’album che man mano sto risfogliando con le mie dediche in versi, in quanto è stata la mia piccola compagna di giochi della prima infanzia, ma poi la vita ci ha separato. Però il suo nome ( che mi ricordava la schiava del film “Quo vadis?” salvata da Ursus ), non l’avevo dimenticato, e tanti anni dopo quella bambina, ormai avvenente donna, l’ho ricercata e ritrovata, e con lei ho ripreso, per un solo breve ma intenso giorno, quei giochi sulla sabbia che facevamo da piccoli, stavolta un po’ meno innocenti …
Eri spesso solo un nome
nei racconti di mia madre,
una bimba mia compagna
di palette e di secchielli
sulla spiaggia di quel mare
della mia città natale,
prima ancora che la guerra
separasse il mio destino
verso terre più lontane
senza mare e senza vele.
Tanti anni poi passati
ma il tuo nome era rimasto
come inciso nel ricordo,
e così ti ho ricercata
ed un giorno, era d’estate,
son salito su quel treno
per trovarti in riva al mare:
eri bella come sempre
io t’avevo immaginata,
e fu subito un abbraccio
come fossimo da sempre
due lontani innamorati.
Siam tornati ancora insieme
sulla spiaggia di quel golfo
con i tuoi capelli al vento,
gli occhi neri come i ricci
sugli scogli e la tua bocca
come un frutto da gustare.
Hai lasciato le tue vesti
sulla prua di quella barca
per lasciarti accarezzare
dalla brezza e poi dal sole,
mentre piano le mie dita
ti coprivano di sabbia
e sul petto ad una ad una
un mosaico di conchiglie
per poterti poi inondare
con la spuma dei frangenti.
La tua pelle chiaroscura
ai confini del costume
e il sapore del tuo seno
dolce insieme e un po’ salato
per la polvere del mare.
Se sapessi quanto ho amato
quella splendida giornata,
quell’incontro così breve
quelle ore così intense
mai d’allora rivissute,
e di nuovo i nostri scafi
su due rotte divergenti,
solo lettere d’amore
all’inizio appassionate
poi pian piano intiepidite
ed infine raffreddate
dalle piogge dell’autunno.
E di nuovo il tuo ricordo
solo un nome senza volto,
perché il tempo sai disperde
le ore liete nella nebbia
per lasciarci solamente
quelle tristi da sfogliare.
mercoledì 1 settembre 2010
Sakineh
Il nome di donna che cito oggi non mi riguarda direttamente, ma è il nome che in tutto il mondo occidentale sta scatenando proteste, non solo femminili, contro quell'assurda barbarie della lapidazione, che viene ancora comminata in Iran e altri paesi islamici alle donne ree di adulterio ( Sakineh oltretutto era vedova quando ha "tradito" il marito...). Questi paesi devono fare ancora molta strada per arrivare ad una concezione della donna meno avvilente ed arretrata, ma soprattutto dovrebbero abolire queste forme di linciaggio e più in generale la pena di morte dal loro codice penale.
E' pur vero che la lapidazione era predicata anche nella Bibbia: (... la tua mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi la mano di tutto il popolo; lapidalo e muoia, perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore tuo Dio....Deuteronomio 13.10....." ...Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare… Levitico 24,16....),
ma non per questo viene applicata ancora oggi, visto che la civiltà fa evolvere rapidamente mentalità e costumi.
Ricordo che una mentalità ristretta e discriminante nei confronti della donna c'era anche da noi neanche troppo tempo fa ( i censori della TV radiarono Mina dallo schermo solo perché stava con Pani senza essere sposata..), però i tempi cambiano, e sarebbe ora che anche i musulmani realizzassero che ora viviamo nel 21mo secolo....
Gabriella
Oggi voglio ricordare un altro nome, ma non perché sia legato a qualche altra storia sentimentale della mia fanciullezza. Lo ricordo perché era il nome di mia sorella e perché oggi era il suo compleanno, un giorno che da ragazzi abbiamo sempre festeggiato assieme. Poi negli anni la vita ci ha separato, ma ci sentivamo spesso, specie in questo giorno.
E' stata una persona speciale, a cui ho voluto molto bene. Perderla è stato un grande dolore e ora che non c'è più sento sempre molto la sua mancanza. Di lei voglio dimenticare il nostro ultimo incontro, il suo volto scavato dalla malattia e i suoi occhi che mi salutavano per sempre, ma voglio ricordare solo la bella donna che è sempre stata, le ore felici passate insieme nelle vacanze, la montagna che amava, la sua casa, i suoi fiori e i suoi animali che erano le sue passioni.
E' stata una persona speciale, a cui ho voluto molto bene. Perderla è stato un grande dolore e ora che non c'è più sento sempre molto la sua mancanza. Di lei voglio dimenticare il nostro ultimo incontro, il suo volto scavato dalla malattia e i suoi occhi che mi salutavano per sempre, ma voglio ricordare solo la bella donna che è sempre stata, le ore felici passate insieme nelle vacanze, la montagna che amava, la sua casa, i suoi fiori e i suoi animali che erano le sue passioni.
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