Visto che ho introdotto l'argomento malanni, concludo la vicenda con dei versi scritti successivamente all'intervento, in verità un pò arcaici come stile, forse per l'influsso degli studi classici, o solo per l'effetto dopante dei medicinali e di qualche premurosa infermiera.....
Sospinse un giorno i raggi suoi nel buio
del tetro stagno la lontana stella
dove caduto il mio vetusto tronco
giaceva inerte e privi ormai di linfa
erano i rami e senza luce spenti.
Destato dalla scossa e dal chiarore,
espulsa l’acqua dalle fibre intrise,
sospinto dalla forza dei fermenti,
di nuovo emerso e a quel tepore esposto,
ridiede vita ai vecchi suoi germogli
e a nuove foglie nel vento trepidanti.
Poi il sole scelse un emisfero opposto
e andò a scaldare rigidi orizzonti:
fu breve la stagione e la sua luce
rara si fece e il cielo una matassa
di nubi scure e gelide tempeste.
Venne l’autunno ad arrossir le foglie
del vecchio tronco e poi gelò l’inverno
di quei virgulti ogni rinato ardore.
Ma in fondo quel calore non fu perso
e la memoria di quel sole estivo:
la dura scorza in cuore inteneriva
anche se i giorni furono di neve.
S’aggiunse un nuovo anello al legno antico
mentre dormendo serbava vivi umori
e il sogno di una nuova primavera,
un sole nuovo che ti riscalda il cuore
e un raggio che trafigge il tuo guanciale.
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