Il fiume serpeggia verde e pigro
tra canne vibranti sottovoce,
e un corteo di eucalipti
agita la criniera
contro il verde delle colline
e il lontano azzurro dei monti.
Resto a guardare
le calde distese di grano
pettinato dal vento,
e le serre luccicanti laggiù
come abbagli di sole.
Le viti colano grappoli
come nere stalattiti,
gli olivi avvitati come funi,
come trecce di bambina,
come un’ulcera contorta
che scava la ferita
del tuo abbandono.
Una lucertola accarezza le pietre,
gira il capo e guarda
l’innocua ombra
del mio vecchio tronco
ormai pietrificato.
Il vento smeriglia
frammenti di conchiglie,
e le tue ultime parole
di carta vetrata.
E le alghe fileggiano in mare,
ricordo dei tuoi sciolti capelli.
A terra un fiore d’ibisco
spalanca la bocca assetata
cercando ancora la tua mano.
Un sole timido dietro nuvole inquiete
scorre sulle mie palpebre,
finché la sera scende
senza un volo di rondini
a scacciare il tormento
dei miei moscerini.
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