martedì 16 novembre 2010

Il palombaro e la murena


Questa è la storia di un palombaro e di una murena, ma contrariamente al genere indicato nel nome, il palombaro era una donna e la murena era un maschio.
Il palombaro scende sott’acqua solitamente per lavorare, mentre la nostra palombara si immergeva per cercare spugne, coralli, perle ed altri oggetti preziosi.
Durante una delle sue immersioni, la palombara era entrata in un relitto di galeone e nella cabina del capitano aveva trovato uno scrigno che sperava fosse pieno di gioielli. Ma appena sollevato il coperchio ne era uscita una grossa murena, che le era saltata addosso per morderla. Fortunatamente la muta dello scafandro era durissima e la murena aveva subito dovuto mollare la presa.
Poi nuotando col suo sinuoso serpeggiare davanti all’elmo di bronzo, vide dalla finestrella che all’interno di quella specie di mostro c’era una bella ragazza e il suo istinto ferino si ammorbidì, e cominciò a boccheggiare davanti al vetro dell’oblò. Si direbbe quasi che tubasse come una colomba, ( o palomba, in questo caso…) per quanto sia possibile farlo sott’acqua...
La palombara, al sicuro dentro il suo scafandro e per nulla intimorita dall’animale, continuò la sua ricerca e spostava con la sua mano guantata le spire della murena ogni volta che le coprivano la visuale, mentre quest’ultima, quasi ammaliata da quello strano e affascinante essere, le si attorcigliava mollemente attorno al corpo, come invitandola a giocare con lei.
Infastidita e impedita nel suo lavoro, la palombara uscì dal relitto e cercò di liberarsi da quell’abbraccio, prendendo la murena per il collo e perfino cercando di calpestarne la lunga coda coi suoi pesanti scarponi di piombo.
Attratto da quella curiosa coppia che si divincolava sul fondo, un banco di aringhe, che passava là sopra, cominciò a ruotare attorno alla palombara come per partecipare alla danza. Ma le aringhe attirarono un grosso pesce spada, che arrivò come una saetta nel mucchio per farsi un boccone di aringhe.
La sua lunga spada trapassò la nuvola di aringhe, ma nello slancio trafisse anche la muta della palombara, aprendo uno squarcio sul fianco dal quale l’acqua entrò a fiotti, mentre un torrente di bollicine d’aria usciva per risalire veloce verso la superficie.
La murena colse l’occasione e si infilò nello squarcio, girò attorno al corpo della fanciulla, poi uscì di nuovo dall’apertura col capo, come fosse affacciata dalla sua tana, tamponando e impedendo in questo modo l’afflusso dell’acqua.
La ragazza, che era quasi svenuta per lo spavento del pesce spada e dell’acqua che le stava riempiendo lo scafandro, passò dalla paura al riso, perché ora sentiva la coda della murena che, con giri morbidi e vellutati, le solleticava il corpo.
Avvisò la barca d’appoggio di recuperarla, ma quando la murena s’avvide che lo scafandro iniziava a salire, con un morso tremendo troncò il tubo dell’aria e la gomena che lo reggeva e lo fece ripiombare sul fondo.
La ragazza capì che l’aria ancora contenuta nello scafandro stava finendo e stava per soffocare, ma poi avvertì l’amplesso della murena che la tranquillizzava, e il solletico divenne pian piano carezza e infine piacere. Si sentì come posseduta e la sua natura fusa a quella del pesce. Pian piano l’acqua la invase ma lei riusciva a respirare lo stesso, perché i suoi polmoni si erano trasformati in branchie.
Quando un altro palombaro scese ad agganciare lo scafandro e gli uomini dalla barca lo riportarono a bordo, si aspettavano di trovare il corpo della ragazza ormai senza vita, ma, appena tolti i bulloni dell’elmo, videro saltar fuori una bella sirena che con la sua bionda chioma al vento spiccò un bel salto fuori bordo per tuffarsi tra le onde.
Si racconta che molti palombari e subacquei che si immersero in quel mare negli anni successivi, giurarono di aver visto una sirena nuotare armoniosamente attorno al relitto e poi sparire nelle profondità dello scafo come fosse la sua casa.

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